Febbraio 2022

Meditazioni per Sacerdoti

 

Compito del sacerdote è combattere il male e salvare le anime
(Beato Paolo Manna)
Identità e missione sacerdotale: il combattimento contro il male

Dal Vangelo secondo Giovanni

«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”». (Gv 20,19-23)

Dal Magistero della Chiesa

«I ministri della grazia sacramentale, si uniscono intimamente a Cristo salvatore e pastore attraverso la fruttuosa recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente, giacché essa - che va preparata con un quotidiano esame di coscienza - favorisce in sommo grado la necessaria conversione del cuore all’amore del Padre delle misericordie». (Conc. Vat. ii, Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri, Presbyterorum Ordinis, 18)

«Suscitare nel cuore dell’uomo la conversione e la penitenza e offrirgli il dono della riconciliazione è la connaturale missione della Chiesa, come continuatrice dell’opera redentrice del suo fondatore divino». (Giovanni Paolo ii, Esortazione Apostolica post-sinodale, Reconciliatio et Paenitentia, 23)

«Ora, questo potere di rimettere i peccati Gesù lo conferisce, mediante lo Spirito Santo, a semplici uomini, soggetti essi stessi all’insidia del peccato, cioè ai suoi apostoli: “Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,22; Mt 18,18).  [...] Qui si rivela in tutta la sua grandezza la figura del ministro del sacramento della penitenza, chiamato, per antichissima consuetudine, il confessore.

Come all’altare dove celebra l’eucaristia e come in ciascuno dei sacramenti, il sacerdote, ministro della penitenza, opera “in persona Christi”. Il Cristo, che da lui è reso presente e che per suo mezzo attua il mistero della remissione dei peccati, è colui che appare come fratello dell’uomo. [...]

Questo è, senza dubbio, il più difficile e delicato, il più faticoso ed esigente, ma anche uno dei più belli e consolanti ministeri del sacerdote». (Giovanni Paolo ii, Esortazione Apostolica post-sinodale, Reconciliatio et Paenitentia, 29)

«Ma aggiungo pure che, persino per essere un buono ed efficace ministro della penitenza, il sacerdote ha bisogno di ricorrere alla sorgente di grazia e santità presente in questo sacramento. Noi sacerdoti, in base alla nostra personale esperienza, possiamo ben dire che, nella misura in cui siamo attenti a ricorrere al sacramento della penitenza e ci accostiamo ad esso con frequenza e con buone disposizioni, adempiamo meglio il nostro stesso ministero di confessori e ne assicuriamo il beneficio ai penitenti. Perderebbe, invece, molto della sua efficacia questo ministero, se in qualche modo tralasciassimo di essere buoni penitenti. Tale è la logica interna di questo grande sacramento. Esso invita noi tutti, sacerdoti di Cristo, a una rinnovata attenzione alla nostra confessione personale». (Giovanni Paolo ii, Esortazione Apostolica post-sinodale, Reconciliatio et Paenitentia, 31)

Dagli scritti del Beato padre Paolo Manna

«Il sacerdote è nato per far guerra al peccato e guidare in questa guerra il popolo cristiano.

1) Battezza? Lo fa per liberare l’anima dal peccato originale.
2) Prepara i fanciulli alla S. Comunione? Vuole che diventino soldati valorosi contro il peccato.
3) Confessa? Per spezzare i vincolo del peccato.
4) Predica, amministra gli altri sacramenti? Tutto per distruggere il peccato dal mondo». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 97)

«Che dire se voi stessi avete a stabilire il regno del peccato nel vostro cuore? Se Giuditta invece di spiccare il capo di Oloferne si fosse lasciata prendere da indegno affetto per lui, che vergona per lei, che rovina per il popolo, eppure è nulla in confronto dell’obbrobrio di cui si ricopre il prete peccando e della rovina che causa alle anime». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 97)

«Il peccato del sacerdote è sempre peccato sociale, si riflette sul popolo: i buoni ne restano scandalizzati, i cattivi ne trionfano». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 97)

«Quanti scandali, quanta lebbra di impurità, quante ingiustizie e oppressioni. Quante bestemmie ed empietà... […] Occorrerebbero angeli del cielo, apostoli ardenti di zelo per spezzare tante catene, per illuminare tante tenebre, per muovere tanti cuori. Ed ecco che non ci siamo che noi. Noi dobbiamo essere questi angeli, questi apostoli, perché siamo sacerdoti. Noi i salvatori di queste anime, e nessun altro che noi... e guai a noi se pensassimo di non aver alcun dovere verso le anime... se avessimo a rimanere indifferenti spettatori della loro rovina!” (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 66)

«[Gesù] venne a distruggere il peccato. […] Ecco indicato il fine, lo scopo, la missione del sacerdote: lottare contro il peccato e salvare le anime». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, pp. 135-136)

«Ma che dire dei sacerdoti che vivono nelle stesse tenebre, in sì fatale cecità? Fa spavento a pensarlo. Finché è il malato che non conosce il suo male… c’è speranza di guarigione; ma se non lo conosce e non ne fa gran caso neppure il medico che lo deve curare, il caso è disperato». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 137)

«Se quel sacerdote fosse stato più assiduo al confessionale, avesse avuto maggior pazienza e carità... quanti peccati di meno!... A certi sacerdoti gli uomini danno fastidio… le anime lo comprendono, si fanno vedere più di rado e il peccato trionfa». (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 138)

Domande per la riflessione

  • «Servo onestamente Dio? Come cammino nella via dello spirito e della mia eterna salute?» (P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, p. 98)
  • Se dovessi morire oggi, il Signore mi troverebbe pronto per stare al suo cospetto? (Cfr. P. Manna, Chiamati alla santità, Napoli 1977, pp. 98-99)
  • Come mi preparo a ricevere e ad amministrare il sacramento della riconciliazione?

PREGHIERA

Dalla preghiera di Paolo VI pronunciata in francese il 4 gennaio 1964 presso il Santo Sepolcro:

Siamo qui, o Signore Gesù. Siamo venuti come i colpevoli ritornano al luogo del loro delitto,
siamo venuti come colui che ti ha seguito, ma ti ha anche tradito, tante volte fedeli e tante volte infedeli,
siamo venuti per riconoscere il misterioso rapporto fra i nostri peccati e la tua passione: l’opera nostra e l’opera tua,
siamo venuti; per batterci il petto, per domandarti perdono, per implorare la tua misericordia,
siamo venuti perché sappiamo che tu puoi, che tu vuoi perdonarci, perché tu hai espiato per noi;
tu sei la nostra redenzione e la nostra speranza.

Signore Gesù, redentore nostro, ravviva in noi il desiderio e la confidenza nel tuo perdono, rinfranca la nostra volontà di conversione e di fedeltà, facci gustare la certezza e anche la dolcezza della tua misericordia.

Signore Gesù, redentore e maestro nostro, dacci la forza di perdonare agli altri, affinché anche noi possiamo essere da te veramente perdonati.

Signore Gesù, redentore e pastore nostro, metti in noi la capacità d’amare come tu vuoi, sul tuo esempio e con la tua grazia, te e quanti in te ci sono fratelli. […]

Amen.

 

Per Consacrati

 

La disobbedienza è l’assoluta negazione del missionario, al contrario l’obbedienza è il suo vessillo
(Beato Paolo Manna)
La dimensione missionaria dell’obbedienza nella vita consacrata

Dal Vangelo secondo Matteo

«Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: “Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti”. Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre”». (Mt 12,46-50)

«“Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: ‘Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna’. Ed egli rispose: ‘Non ne ho voglia’. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: ‘Sì, signore’. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”». (Mt 21, 28-31)

Dal Magistero della Chiesa

«I religiosi con la professione di obbedienza offrono a Dio la completa oblazione della propria volontà come sacrificio di se stessi, e per mezzo di esso in maniera più salda e sicura vengono uniti alla volontà salvifica di Dio». (Conc. Vat. ii, Decreto sul rinnovamento della vita religiosa, Perfectae Caritatis, 14)

«L’obbedienza, praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr. Gv 4,34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia, che è riflesso nella storia dell’amorosa corrispondenza delle tre Persone divine». (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale, Vita Consecrata, n. 21)

«In realtà, la cultura della libertà è un autentico valore, intimamente connesso col rispetto della persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi conseguenze di ingiustizia e persino di violenza porta, nella vita dei singoli e dei popoli, l’uso distorto della libertà? Una risposta efficace a tale situazione è l’obbedienza che caratterizza la vita consacrata. Essa ripropone in modo particolarmente vivo l’obbedienza di Cristo al Padre e, proprio partendo dal suo mistero, testimonia che non c’è contraddizione tra obbedienza e libertà». (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale, Vita Consecrata, n. 91)

«Cercare la volontà di Dio significa cercare una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione, che desidera soprattutto la libera risposta d’amore al suo amore, per fare di noi strumenti dell’amore divino. È in questa via amoris che sboccia il fiore dell’ascolto e dell’obbedienza». (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruzione, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, n. 4)

«L’obbedienza è prima di tutto atteggiamento filiale. È quel particolare tipo d’ascolto che solo il figlio può prestare al padre, perché illuminato dalla certezza che il padre ha solo cose buone da dire e da dare al figlio; un ascolto intriso di quella fiducia che rende il figlio accogliente della volontà del padre, sicuro che essa sarà per il bene».  (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruzione, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, n. 5)

«L’obbedienza propria della persona credente, poi, è l’adesione alla Parola con la quale Dio rivela e comunica se stesso, e attraverso la quale rinnova ogni giorno la sua alleanza d’amore». (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica,

Istruzione, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, n. 7)

«Le persone consacrate, inoltre, sono chiamate alla sequela di Cristo obbediente dentro un “progetto evangelico”, o carismatico, suscitato dallo Spirito e autenticato dalla Chiesa. Essa, approvando un progetto carismatico quale è un Istituto religioso, garantisce che le ispirazioni che lo animano e le norme che lo reggono possono dar luogo ad un itinerario di ricerca di Dio e di santità. Anche la Regola e le altre indicazioni di vita diventano quindi mediazione della volontà del Signore: mediazione umana ma pur sempre autorevole, imperfetta ma assieme vincolante, punto di avvio da cui partire ogni giorno, e anche da superare in uno slancio generoso e creativo verso quella santità che Dio “vuole” per ogni consacrato. In questo cammino l’autorità è investita del compito pastorale di guidare e di decidere». (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruzione, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, n. 9)

Dagli scritti del Beato padre Paolo Manna

«Si professano sottomissione e obbedienza, ma non si è contenti che nel posto, nell’ufficio di proprio gusto, […]. I vari pezzi di una macchina si scelgono forse da sé il proprio posto? Certo che no, ma ognuno è messo là ove serve al funzionamento di tutto l’organismo: è cosa evidente, ma non la si intende sempre così…». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 85)

«Cerchiamo dunque di lavorare compatti e in buon accordo nel posto che ci ha assegnato l’obbedienza. [...] Se non avremo spirito di corpo, se ognuno vorrà fare a suo modo, se non saremo obbedientissimi agli ordini dei nostri “capitani”…, diventeremo deboli e riporteremo sconfitte invece che vittorie». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 87)

 «Questa virtù [l’obbedienza] è il cardine sul quale si deve muovere la nostra opera». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 152)

«La virtù per la quale noi missionari dobbiamo avere un vero culto, nella quale dobbiamo particolarmente distinguerci è la virtù dell’obbedienza». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 153)

«La disobbedienza è l’assoluta negazione del missionario, come l’obbedienza è la sua principale caratteristica, il suo programma, il suo vessillo». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 153)

«Il missionario che disobbedisce, che critica gli ordini dei superiori, anche se non se ne avvede, anche se non vi pensa, con la sua disobbedienza, con la sua critica cessa di essere missionario di Gesù e si mette di fatto nella schiera di quelli che gli resistono». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 153)

«Se vogliamo essere buoni missionari dobbiamo abituarci con assiduo studio di obbedienza a fare della Volontà di Dio la regola ed il modello della nostra. La Volontà di Dio è il principio e la ragione di ogni bene: fuori della volontà di Dio c’è il male, il peccato e la perdizione». (P. Manna, Virtù Apostoliche, Milano 1944, p. 155)

«Chi obbedisce ai superiori obbedisce a Dio. Nella scelta della missione o del lavoro non preferire i propri gusti, ma accettare le decisioni dei superiori. Chi fa la volontà di Dio non sbaglia mai. I superiori non sono infallibili nel comandare, ma i sudditi sono infallibili nell’obbedire». (P. Manna, Esci dalla tua terra…, Napoli 1977, p. 35)

Domande per le riflessione

  • In che misura la mia obbedienza è obbedienza consapevole a Dio e non solo adempimento degli ordini dei miei superiori “perché così è più facile”?
  • Posso parlare onestamente e apertamente con i miei superiori e allo stesso tempo accettare le loro decisioni finali con fiducia in Dio?
  • In che misura svolgo ogni ministero con pieno impegno, indipendentemente dalle mie preferenze personali?

PREGHIERA A MARIA

O dolce e santa Vergine Maria, Tu all’annuncio dell’angelo, con la tua obbedienza credente e interrogante, ci hai dato Cristo. A Cana Tu hai mostrato, con il tuo cuore attento, come agire con responsabilità. Tu non hai atteso passivamente l’intervento del Figlio tuo, ma lo hai prevenuto, rendendolo consapevole delle necessità e prendendo, con discreta autorità, l’iniziativa di inviare a Lui i servi.

Ai piedi della croce, l’obbedienza ha fatto di Te la Madre della Chiesa e dei credenti, mentre nel Cenacolo ogni discepolo ha riconosciuto in Te la dolce autorità dell’amore e del servizio.

Aiutaci a comprendere che ogni vera autorità nella Chiesa e nella vita consacrata ha il suo fondamento nell’essere docili alla volontà di Dio e che ognuno di noi diviene, di fatto, autorità per gli altri con la propria vita vissuta in obbedienza a Dio.

O Madre clemente e pia, «Tu che hai fatto la volontà del Padre, pronta nell’obbedienza», rendi la nostra vita attenta alla Parola, fedele nella sequela di Gesù Signore e Servo nella luce e con la forza dello Spirito Santo, gioiosa nella comunione fraterna, generosa nella missione, sollecita nel servizio ai poveri, protesa verso il giorno in cui l’obbedienza della fede sfocerà nella festa dell’Amore senza fine. Amen.

(Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica,

Istruzione, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, n. 31)

per Laici

 

Il catechista è un vero missionario, è un maestro e custode della fede
(Beato Paolo Manna)
Il servizio missionario dei catechisti laici

Dalla seconda lettera di S. Paolo a Timoteo
«Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti al momento opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero». (2Tm 4,1-5)

Dal Magistero della Chiesa

«Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa». (Conc. Vat. II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, 33)

«I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso. Infatti l’aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell’apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo». (Conc. Vat. II, Decreto sull’apostolato dei laici, Apostolicam Actuositatem, 1)

«Il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente; “poiché l’amore di Cristo ci sospinge” (2Cor 5,14) e nel cuore di tutti devono echeggiare le parole dell’Apostolo: “Guai a me se non annunciassi il Vangelo” (1Cor 9,16)». (Conc. Vat. II, Decreto sull’apostolato dei laici, Apostolicam Actuositatem, 6)

«Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l’eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all’espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza. Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell’opera di evangelizzazione». (Conc. Vat. II, Decreto sull’attività missionaria della chiesa, Ad Gentes, 36)

«La catechesi è intimamente legata a tutta la vita della chiesa. Non soltanto l’estensione geografica e l’aumento numerico, ma anche, e più ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno di Dio, dipendono essenzialmente da essa». (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica, Catechesi Tradendae, n. 13)

«Tra catechesi ed evangelizzazione non c’è né separazione o opposizione, e nemmeno un’identità pura e semplice, ma esistono stretti rapporti d’integrazione e di reciproca complementarietà». (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica, Catechesi Tradendae, n. 18)

«Della catechesi, come dell’evangelizzazione in generale, possiamo dire che è chiamata a portare la forza del vangelo nel cuore della cultura e delle culture. Per questo, la catechesi cercherà di conoscere tali culture e le loro componenti essenziali; ne apprenderà le espressioni più significative; ne rispetterà i valori e le ricchezze peculiari. E’ in questo modo che essa potrà proporre a tali culture la conoscenza del mistero nascosto ed aiutarle a far sorgere, dalla loro propria viva tradizione, espressioni originali di vita, di celebrazione e di pensiero che siano cristiani». (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica, Catechesi Tradendae, n. 53)

Dagli scritti del Beato padre Paolo Manna

«Come ogni capitano ha bisogno di ufficiali subalterni, così il missionario ha bisogno di catechisti. Il catechista nella sua condizione è un vero missionario. Egli è esploratore, è sentinella, è maestro, è guardiano: apre le vie, segnala le opportunità, i pericoli, prepara le conquiste della fede». (P. Manna, La conversione del mondo infedele, Milano 1920, p. 177)

«Quanto bene hanno fatto e fanno i catechisti! Tanti bambini senza di loro non avrebbero schiuse le porte del Cielo. Tanti cristiani senza di loro sarebbero rovinati agli errori primeri... Ecco il prezioso aiuto che rendono i catechisti all’opera del missionario!» (P. Manna, La conversione del mondo infedele, Milano 1920, p. 178)

«Oggi non si tratta solo di lavorare per diffondere la fede nei villaggi, ma soprattutto di non lasciar morire la fede nei villaggi che sono già stati convertiti. Quando mancano i catechisti, interi villaggi soffrono immensamente e subiscono grandi perdite. I nuovi convertiti sono deboli nella fede e hanno bisogno di presenza costante, istruzione, sostegno, guida pratica nella loro nuova vita cristiana. I sacerdoti missionari, per quanto animati da uno straordinario spirito apostolico, non possono essere ovunque. Sono troppo pochi per soddisfare tutti i bisogni apostolici. Ecco perché c’è un grande bisogno di catechisti”. (P. Manna, “Le Missioni Cattoliche”, 28 settembre 1915, s. 369)

«Per i villaggi appena convertiti, ancora immersi nel paganesimo di ieri, la presenza di un catechista è necessaria come il latte di una madre e la sua presenza sono necessari per un bambino. La presenza di catechisti equivale a mantenere la fede nelle missioni». (P. Manna, “Le Missioni Cattoliche”, 28 settembre 1915, s. 369)

«Il santo patrono dei catechisti è San Giuseppe. Lui stesso non era un sacerdote, ma si prendeva cura di Gesù, il sommo sacerdote, e aveva un rapporto molto stretto con lui». (P. Manna, Scritti 67, p. 333)

Domande per la riflessione

  • In che misura mi sento missionario quando servo come catechista, insegnante di religione o genitore che trasmette la fede ai miei figli? Sono consapevole che anche questa è un’attività missionaria ?
  • Predico la dottrina del Vangelo con il mio comportamento, la mia testimonianza di vita e, quando è necessario, con la parola “in ogni dove e in ogni quando”?
  • Come sostengo i sacerdoti e le persone consacrate nel loro ministero e apostolato?

PREGHIERA

Creatore ineffabile! […]

Tu, che fai fiorire l’eloquenza sulle lingue dei bambini, forgia la mia lingua e infondi nelle mie labbra la grazia della tua benedizione. Dammi l’acutezza dell’intelligenza, la facoltà di ricordare, il metodo e la facilità dell’apprendere, la perspicacia dell’interpretare, il dono copioso del parlare.

Tu che sei vero Dio ed uomo, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

(Preghiera dello studente di S. Tommaso d’Aquino)