Domenica di Pasqua «Risurrezione del Signore»

15 aprile 2022

MESSA DEL GIORNO

At 10,34a.37-43;
Sal 117;
Col 3,1-4;
Gv 20,1-9

Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo

COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO

Vedere i segni della risurrezione

“Alleluia! Cristo è risorto!” Così con gioia ci salutiamo in questa mattina molto speciale della Domenica della risurrezione. Tale esclamazione sarà anche la nostra umile professione di fede nella risurrezione di Cristo da annunciare al mondo. Si tratta del Mistero dei misteri che si attua ancora oggi nella celebrazione liturgica e nella vita di ognuno di noi. E il Vangelo di questa domenica, quello di san Giovanni che leggiamo in realtà sempre ogni anno nella “messa del giorno”, ci aiuta a entrare ancora di più nel clima mistico e misterioso del “primo giorno della settimana” della risurrezione di Cristo. L’attenta rilettura di alcuni dettagli di questo brano evangelico porterà a (ri)scoprire aspetti importanti per comprendere e vivere sempre più intensamente la nostra fede in Cristo risorto come suoi discepoli missionari.

1. Il “giallo” (detective story) della pietra tolta dal sepolcro e le corse mattutine dei discepoli

Il racconto giovanneo di quanto accaduto in quella mattinata assomiglia a un giallo. Esso va perciò seguito e meditato nei minimi dettagli per afferrare i punti chiave che gettano luce sul messaggio. Tutto parte dalla scoperta di Maria di Magdala della pietra ribaltata (dal sepolcro di Gesù) e dell’assenza sottintesa del suo corpo. Questo l’ha fatta correre dai due discepoli, Pietro e l’altro, precisato come «quello che Gesù amava», a comunicargli il fatto. Anche loro corsero al sepolcro, ma «l’altro discepolo corse più veloce di Pietro» e vi «giunse per primo».

Ecco il primo dettaglio che ha intrigato non pochi ascoltatori/lettori curiosi di oggi e del passato. La prima e più semplice spiegazione è perché l’altro discepolo è più forte o più giovane di Pietro. Qualcuno ha addirittura ipotizzato che l’altro discepolo, tradizionalmente identificato con l’apostolo Giovanni, era più veloce perché vergine (senza moglie), a differenza di Pietro (uomo sposato)!

Dal testo però si evince l’unica differenza tra questi due discepoli, che può essere appunto la chiave di lettura di quanto accaduto: quell’altro discepolo è indicato come «quello che Gesù amava». In altri termini, secondo il testo evangelico, la qualifica distintiva del discepolo che corse più veloce è quell’amore speciale tra Gesù e lui. Ovviamente il Maestro divino amava tutti i suoi discepoli, Pietro incluso, e li amò sino alla fine (cf. Gv 13,1-2), come abbiamo accennato nella riflessione di Venerdì Santo. Pertanto, la particolarità esaltata dell’amore tra il Maestro e un discepolo sembra far riferimento non solo all’amore di Gesù per lui ma anche all’intensità dell’amore che il discepolo aveva per Gesù. Ed è proprio quest’amore che ha “spinto” il discepolo amato a correre al sepolcro più velocemente possibile, per ritrovare il Maestro amato.

2. La via per arrivare alla fede nella risurrezione

Tale amore intenso del discepolo per il Maestro sembra anche la chiave di lettura per ciò che accadde poi presso il sepolcro. Qui, notiamo un altro dettaglio intrigante del racconto: “cosa hanno visto Pietro e l’altro discepolo?” Ricomponiamo la sequenza dei fatti per capire meglio. Il discepolo amato è arrivato per primo e ha visto inizialmente «i teli posati là» nel sepolcro, «ma non entrò». Poi, Pietro, giunto dopo, «entrò nel sepolcro [per primo] e osservò i teli posati là, e il sudario». Infine, «entrò anche l’altro discepolo, (…) e vide e credette».

Per secoli ci si è interrogati sulla causa di questo “vide e credette” da parte del discepolo amato. Va sottolineato subito che il verbo qui è rigorosamente al singolare e fa chiaramente riferimento a lui. Il testo quindi non accenna minimamente alla “fede” di Pietro, anche se egli aveva visto tutto ciò che l’altro discepolo entrò a vedere dopo. Anzi, e su questo va posto l’accento, il vangelo sottolinea subito che «non avevano [loro due] ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti». Cosa vuol dire tutto questo?

Tutto ciò sembra mettere in risalto le due vie per arrivare alla fede nella risurrezione di Cristo. La prima si basa sulla giusta comprensione della Sacra Scrittura, e possiamo dire che entrambi i discepoli non erano arrivati a tale conoscenza in quel momento presso il sepolcro. La seconda strada possibile viene invece dall’esperienza diretta dei segni che il Cristo crocifisso e risorto ha lasciato. Qui, tuttavia, anche se Pietro e l’altro discepolo avevano visto le stesse cose, solo quest’ultimo “credette”. Perché?

Qualcuno ha risposto che il discepolo amato aveva notato solo dopo esser entrato nel sepolcro la posizione “strana” del sudario, ma non mi sembra una spiegazione plausibile. Qualcuno ha voluto limitare il senso del verbo “credere”, non come manifestazione della fede nella risurrezione (di Gesù), bensì come riferimento solo a “riconoscere” vero ciò che Maria di Magdala aveva detto prima riguardo al corpo rubato. Neanche questa motivazione alquanto banale mi soddisfa. L’unica risposta soddisfacente che avete intuito bene anche voi che state seguendo questo “giallo” è l’amore. Quell’amore per il Maestro che ha illuminato e ha portato il discepolo amato dal vedere al credere, a riconoscere, e a “capire” il mistero mai accaduto. Non a caso sarà sempre lui, il discepolo amato, il primo a riconoscere il Maestro risorto durante la Sua apparizione sulla riva del Mare di Tiberiade, e a informare Pietro del fatto (cf. Gv 21,7). È l’intelligenza del cuore che apre l’intelligenza della mente.

3. Vedere i segni del Risorto

La risurrezione di Gesù è il Mistero divino, che in quanto tale rimane sempre inafferrabile per la mente umana. Questo varrà anche per le apparizioni del Signore risorto che hanno avuto luogo secondo la volontà e la sapienza di Dio e non quella degli uomini, come affermato nella prima lettura: «Dio lo [Gesù] ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti». D’altra parte, il Risorto dirà agli apostoli «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29). (Va ricordato che Egli ha pregato per questi “beati” che hanno creduto solo in base alle parole degli apostoli [cf. Gv 17,20]). Questo credere beato è una grazia che comunque necessita di una costante fioritura negli stessi discepoli di Gesù. Essa viene sì dalla testimonianza apostolica, ma anche dallo sperimentare i segni del Risorto nella loro vita. E questi ultimi saranno percepibili solo grazie all’amore.

Come abbiamo meditato Venerdì Santo, Gesù ha amato i suoi sino alla fine. E ha continuato ad amare anche oltre la fine! Morto per amore, egli è risorto nell’amore. Oggi come allora, Cristo lascia sempre i segni concreti della sua risurrezione per i suoi discepoli. Anzi, li accompagna nella missione con i segni della sua presenza reale e operativa. Questi segni sono talvolta semplici come i teli e il sudario, talvolta anche ambigui come quella “pietra tolta dal sepolcro” che può alludere a un furto del cadavere o a una dimostrazione intenzionale del sepolcro vuoto: «Non è qui. È risorto» (Lc 24,6). (Serviva a Cristo risorto, che in seguito sarà in grado anche di entrare nei luoghi nonostante le porte chiuse [cf. Gv 20,19.26], togliere la pietra per uscire dal sepolcro?). La domanda fondamentale allora è questa: chi dei suoi discepoli vedrà questi segni del Risorto e crederà per primo, indicandoli agli altri?

Possa Dio aprire gli occhi del nostro cuore, affinché possiamo contemplare in questa mattina, davanti al sepolcro vuoto, la presenza del Maestro morto e risorto che ha amato i suoi sino alla fine, anzi, oltre la fine. E che possiamo scorgere nell’amore i segni della Sua risurrezione attorno a noi per entrare nella gioia di una vita che continuamente rinasce in Lui malgrado tutte le difficoltà, tribolazioni, tragedie, e morti. “Cristo è risorto! È veramente risorto!”