
V Domenica di Pasqua (Anno C)
Sant’Isidoro l’agricoltore, laico; Santi Cassio e Vittorino, martiri; san Severino, vescovo
At 14,21b-27;
Sal 144;
Ap 21,1-5a;
Gv 13,31-33a.34-35
Benedirò il tuo nome per sempre, Signore
COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO
La novità dell’amore
Dopo il discorso del Buon Pastore della settimana scorsa, il Vangelo di questa quinta domenica di Pasqua ci riporta al Cenacolo per riascoltare le ultime parole di Gesù ai suoi discepoli prima della sua Passione. Si tratta dell’inizio del cosiddetto Discorso d’addio di Gesù durante l’Ultima Cena nel Vangelo di Giovanni. Il contesto, quindi, rende ancora più significativo l’insegnamento che ha lasciato ai suoi, quasi come il testamento spirituale. Ciò vale particolarmente per la breve istruzione iniziale, appena ascoltata, che Gesù ha voluto impartire prima di tutte le altre cose. Bisogna perciò rientrare nel clima mistico di quella sera, metterci in ascolto meditativo di ogni sua parola, per comprendere tutta la portata della raccomandazione sull’amore che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, chiamati a continuare la sua missione nel mondo.
1. «Vi do un comandamento nuovo» - La novità del comandamento
Perché Gesù definisce nuovo il suo comandamento dell’amore («Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri»)? Non sarà mai superfluo chiarire e approfondire in che cosa consiste questa novità.
Sappiamo che nell’Antico Testamento già si raccomanda di amare Dio con tutto il cuore e di amare il prossimo come se stesso (cf. Dt 6,4-5; Lv 19,18). D’altra parte, è stato Gesù stesso mettere insieme queste due raccomandazioni in un’unica realtà, rispondendo ai suoi interlocutori sulla questione riguardante il primo comandamento, vale a dire il più importante della Legge. Si tratta, quindi, di un precetto già chiesto da Dio al suo popolo. Ebbene, Gesù sottolinea ora che il suo è un comandamento nuovo, e la novità, dal contesto delle sue parole, è indicata almeno da due aspetti.
In primo luogo, è la novità della misura dell’amore che sarà Gesù stesso. Egli, in effetti, lo esplicita subito di seguito: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Come abbiamo visto dai nostri commenti precedenti per il Triduo pasquale e anche per la domenica scorsa del Buon Pastore, tale amore di Gesù è senza misura, sino alla croce, offrendo la stessa vita per l’amore delle sue “pecore”, sopportando avversità, mal comprensione, morte. Questo amore, come Egli stesso afferma nel Discorso dell’Ultima Cena, è il più grande: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13) (“amici”, compresi nel senso “amati”). E i suoi discepoli sono ora chiesti di amare gli uni gli altri, seguendo il loro Maestro divino.
Se quanto rilevato sopra è spesso accennato nei vari commenti, il secondo aspetto, quello della novità, invece, sembra poco contemplato. Gesù dichiara nuovo il suo comandamento, perché esso è il fondamento della nuova alleanza fondata sul suo sacrificio. Come Legge antica era collegata con l’alleanza sul Sinai tra Dio e il suo popolo, ora la Legge nuova, che è inaugurata con la nuova alleanza nel sangue di Cristo sul Calvario, avrà al cuore questo nuovo comandamento. L’umanità entra nell’era, in cui, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, «Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”». In altri termini, il comandamento è nuovo, perché nuova è l’alleanza, come ci spiega l’autorevole esegeta R. Brown. Non a caso l’insegnamento di Gesù viene dato proprio nella Cena in cui Egli istituisce l’Eucaristia, il rito incruento della nuova alleanza con la sua morte. E non sarà casuale che Gesù ha lasciato ai suoi il comandamento dell’amore dopo aver accennato all’ora della sua “glorificazione” e dipartita. Bisogna quindi entrare nella realtà della nuova alleanza di Gesù, anzi bisogna immergersi totalmente nella sua morte e nel suo sangue, come già nel battesimo, per comprendere correttamente e vivere intensamente il nuovo comandamento che Egli ha donato ai suoi intimi discepoli, quelli più fedeli (Ricordiamo che Gesù ha cominciato questo Discorso d’addio dopo l’uscita di Giuda Iscariota).
In quest’ottica, l’amore qui raccomandato non è solo un imperativo morale, bensì, prima di tutto, un dono che sgorga dalla fonte della grazia divina della nuova alleanza. Ogni discepolo/discepola è chiamato/a a vivere sempre in Gesù e nel suo amore, per potere amare gli altri non secondo la propria logica umana, ma come Lui lo ha amato. Ecco, capiamo ora l’insistenza commovente di Gesù durante quella Cena: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore!” (Gv 15,9).
2. «Che vi amiate gli uni gli altri» - Le tre dimensioni e un’accentuazione particolare dell’amore cristiano
L’amore che Gesù ha raccomandato ai suoi in quel momento intimo dell’Ultima Cena riflette tutto il suo insegnamento a riguardo. Anzi, riflette tutta la sua vita che è stata un grande compimento e realizzazione dell’Amore divino. Nell’insieme, si possono notare le tre dimensioni dell’amore insegnato e praticato da Gesù, che ha rivoluzionato il mondo.
C’è, in primo luogo, la dimensione universale di amare tutti, facendosi prossimo a tutti i bisognosi, come il buon samaritano nella parabola omonima, senza chiudersi nel proprio gruppo sociale o etnico. L’amore insegnato da Gesù include, poi, l’azione estrema di amare anche i nemici, quelli che ci fanno del male, che ci “complicano la vita”. Infine, come abbiamo nel brano evangelico di oggi, Gesù raccomanda ai suoi discepoli l’amore reciproco tra di loro. E proprio su quest’ultima dimensione Gesù ha posto l’accento particolare all’inizio del suo Discorso d’addio.
L’accentuazione sull’amore vicendevole tra i discepoli va colta in tutta la sua forza, per la comprensione corretta e la giusta messa in pratica del suo insegnamento. In effetti, in solo due frasi, Gesù ripete per ben tre volte: «che vi amiate gli uni gli altri». Come se non bastasse, Egli ritornerà ancora sul tema più tardi nel Discorso d’addio (cf. Gv 15,12), dopo aver invitato i discepoli a rimanere nel suo amore. Si può intravedere il cuore di Gesù tutto preoccupato perché i suoi si amino a vicenda dopo la sua dipartita. Questo ora è l’unico focus del suo discorso sull’amore che i suoi discepoli dovranno praticare. Non si parla qui dell’amore senza confini, e neanche di quello eroico per i nemici, ma solo dell’amore vicendevole tra i discepoli dell’unico Maestro.
Ovviamente, non si tratta qui della raccomandazione di un amore esclusivo o, peggio ancora, chiuso (tra i membri del gruppo). L’amore che Gesù insegna è sempre inclusivo. Ma proprio tale amore inclusivo chiede ora: come va il tuo amore per i tuoi fratelli e sorelle in Cristo? O cristiano, discepolo di Cristo, se tu sei pronto ad amare tutta l’umanità, anzi tutti i nemici, come raccomanda il Maestro, perché non ami anche quelli che sono cristiani come te, discepoli di Cristo come te? Perché non ami il fratello o la sorella, come Cristo li ama, andando oltre la legge di antipatia/simpatia, le diversità di opinione, le difficoltà di carattere, le offese recate a te? (Perché non hai amore per quelli con cui magari frequenti la stessa chiesa, ti accosti alla stessa comunione?). Kyrie eleison!
L’insistenza perciò sull’amore reciproco tra i cristiani è molto attuale anche oggi, come del resto lo era già ieri e l’altro ieri, tanto da causare una tale grande preoccupazione per Gesù. Bisogna forse chiedere sempre più forte a Cristo, fonte dell’Amore, la grazia dell’amore fraterno, dell’unità nell’amore. Ciò sarà il segno caratteristico della nuova vita nella nuova alleanza. Sarà anche fondamentale per una testimonianza cristiana genuina nel mondo, come Cristo ci ha rivelato.
3. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli»
Risulta assai interessante la rivelazione di Cristo sull’amore fraterno tra i discepoli in riferimento all’impatto “missionario”. Alla luce di quanto meditato sopra, l’amore reciproco dei discepoli riflette in realtà quello di Gesù per loro, il quale, da parte sua, riflette l’amore di Dio Padre per e in Gesù. I discepoli perciò non fanno altro che lasciare trasparire a tutti l’amore fontale di Dio, rivelato ora in Cristo. In quest’ottica, scrive l’apostolo Giovanni ai membri della sua comunità: “Dio nessuno l’ha mai visto, ma se ci amiamo gli uni gli altri Dio dimora in noi e in noi il suo amore è giunto a pienezza” (1Gv 4,12).
Si tratta quindi proprio dell’amore divino “comunitario”, che ora deve risplendere nella comunità dei credenti, proprio per rendere “tangibile” la presenza di Dio e di Cristo. Non i prodigi compiuti, né la grandezza delle azioni caritative, né le predicazioni potenti, ma la semplice comunione dell’amore che l’uno deve nutrire per l’altro in Cristo, sarà il segno distintivo dei cristiani nel mondo e al contempo la forza di attrazione alla fede. Per questo, Gesù stesso ha pregato il Padre insistentemente per l’unità e l’amore dei suoi discepoli di tutti i tempi.
Non stanchiamoci, quindi, di riascoltare ancora la commovente preghiera di Cristo prima della Passione, la stessa già menzionata alla fine della meditazione di domenica scorsa. Siamo chiamati ad ascoltarla ora in prospettiva del nuovo comandamento dell’amore, per chiedere insieme con Cristo la grazia di amarci gli uni gli altri, come Egli ci ha amati:
«[Padre!] Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. (…) Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,20-23.25-26).