III Domenica di Pasqua (Anno B)

14 aprile 2024

At 3, 13-15.17-19;
Sal 4;
1Gv 2,1-5a;
Lc 24,35-48

COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO

«Di questo voi siete testimoni»

La terza domenica di Pasqua nel ciclo liturgico Anno B ci invita a riflettere sull’episodio dell’apparizione del Risorto agli Undici con gli altri discepoli, la quale avvenne immediatamente dopo l’incontro di Cristo con i due sulla via di Emmaus. Dalla Parola di Dio ascoltata emergono almeno tre aspetti importanti della missione che i discepoli sono chiamati a fare. Si tratta della presenza consolatrice ed illuminante di Cristo, malgrado la confusione e i dubbi dei discepoli, del contenuto fondamentale della predicazione nel suo nome, e del ruolo dei discepoli di essere testimoni di tutto “questo”. Ci soffermiamo su questi aspetti, riprendendo anche alcuni spunti dall’insegnamento della Chiesa, in particolare dai due messaggi di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2022 e 2023 con i rispettivi temi “Di me sarete testimoni” e “Cuori ardenti, piedi in cammino”.

1. «Gesù in persona stette in mezzo a loro». La presenza consolatrice ed illuminante di Cristo Risorto malgrado la confusione e i dubbi dei discepoli

Proprio come sulla via di Emmaus, i discepoli in questo episodio erano ancora impauriti, confusi, turbati, e di conseguenza, sono rimasti dubbiosi anche di fronte al Gesù che «in persona stette in mezzo a loro». Si ripete qui, con tutti gli Undici insieme ad altri discepoli che stavano con loro, la stessa esperienza avvenuta con i due di Emmaus: la presenza del Risorto che, con pazienza e malgrado tutte le indisposizioni e i demeriti dei discepoli, offre loro la pace del cuore e la luce della mente per comprendere il piano divino rivelato nelle Scritture. A proposito di questa esperienza unica, ascoltiamo il commento ancora attuale del Papa nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2023:

Come all’inizio della vocazione dei discepoli, anche ora nel momento del loro smarrimento, il Signore prende l’iniziativa di avvicinarsi ai suoi e camminare al loro fianco. Nella sua grande misericordia, Egli non si stanca mai di stare con noi, malgrado i nostri difetti, i dubbi, le debolezze, nonostante la tristezza e il pessimismo ci inducano a diventare «stolti e lenti di cuore» (v. 25), gente di poca fede.

E quindi:

Oggi come allora, il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell’iniquità che li circonda e li vuole soffocare. Perciò, «non lasciamoci rubare la speranza!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Il Signore è più grande dei nostri problemi, soprattutto quando li incontriamo nell’annunciare il Vangelo al mondo, perché questa missione, in fin dei conti, è sua e noi siamo semplicemente i suoi umili collaboratori, “servi inutili” (cfr Lc 17,10).

Si tratta della presenza certa del Signore Risorto che vince ogni paura e dubbio. I discepoli sono chiamati a sperimentare questa presenza, anzi a “toccarla” ed entrare così nella comunione stretta con il Vivente che mangia con loro. Tale presenza sarà il tesoro divino da curare e custodire gelosamente da parte dei discepoli nella loro vita e nella missione cristiana, soprattutto nell’ora delle tempeste. Con e in tale dolce presenza, allora come ora, il Signore Risorto continua ad aprire ai suoi «la mente per comprendere le Scritture», le quali sono le uniche capaci, in quanto Parola di Dio spiegata da Gesù nello Spirito Santo, a dare la comprensione di tutto della storia e del mondo secondo il pensiero divino. Riascoltiamo perciò l’insegnamento del Papa:

Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore.

            [...]

Lasciamoci dunque sempre accompagnare dal Signore risorto che ci spiega il senso delle Scritture. Lasciamo che Egli faccia ardere il nostro cuore, ci illumini e ci trasformi, affinché possiamo annunciare al mondo il suo mistero di salvezza con la potenza e la sapienza che vengono dal suo Spirito.

2. «Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati [...]»

Dopo aver aperto la mente dei discepoli alle Scritture sulla passione, morte e risurrezione di Cristo, il Risorto ribadisce il contenuto fondamentale della predicazione universale che sarà affidata ai suoi: «la conversione e il perdono dei peccati», e ciò «nel suo nome». Per questo, lo stesso san Pietro apostolo, alla fine della sua prima predicazione nel giorno della Pentecoste, invitò quelli che gli chiesero cosa fare: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). Era questo il nucleo dell’annuncio che i primi cristiani trasmettevano al mondo su mandato del loro Signore e nel suo nome. Esso in Tale annuncio esplicito della persona di Cristo, Parola di Dio vivente, che è morto e risorto per il perdono dei peccati, rimarrà essenziale nella vita e nella missione di ogni suo discepolo-missionario di ogni tempo. In quest’ottica, vale la pena richiamare un passaggio dell’Esortazione apostolica Verbum domini di Papa Benedetto XVI che, a sua volta, riprende l’insegnamento nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Papa Paolo VI:

La nostra responsabilità non si limita a suggerire al mondo valori condivisi; occorre che si arrivi all’annuncio esplicito della Parola di Dio. Solo così saremo fedeli al mandato di Cristo: «La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati» (Evangelii nuntiandi, 22). (Verbum domini, 98).

3. «[...] Di questo voi siete testimoni»

Infine, dopo aver indicato ai discepoli l’essenza della loro predicazione a tutti i popoli, il Signore Risorto sottolineò la loro chiamata di essere testimoni di «questo», vale a dire, di tutto il mistero della vita, morte, e risurrezione di Cristo, preannunciato nelle Scritture divine, come Egli stesso raccomandò ai discepoli prima dell’Ascensione: «Di me sarete testimoni» (At 1,8). Oltre all’accentuazione con il soggetto al plurale sul carattere comunitario della testimonianza resa a Gesù, possiamo intravedere qui un sottile richiamo di una verità fondamentale da tenere sempre presente: la predicazione cristiana va insieme necessariamente con la testimonianza della vita e viceversa, la testimonianza cristiana si effettua con l’annuncio. In altre parole, per i discepoli-missionari, l’annunciare Cristo è il vivere Cristo. A questo proposito, riflettiamo ancora sull’insegnamento importante di Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2022, proprio con il tema “Di me sarete testimoni”:

A proposito della testimonianza cristiana, rimane sempre valida l’osservazione di San Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Perciò è fondamentale, per la trasmissione della fede, la testimonianza di vita evangelica dei cristiani. D’altra parte, resta altrettanto necessario il compito di annunciare la sua persona e il suo messaggio. Infatti, lo stesso Paolo VI così prosegue: «Sì, è sempre indispensabile la predicazione, questa proclamazione verbale di un messaggio. […] La parola resta sempre attuale, soprattutto quando è portatrice della potenza di Dio. Per questo resta ancora attuale l’assioma di S. Paolo: “La fede dipende dalla predicazione” (Rm 10,17): è appunto la Parola ascoltata che porta a credere» (ibid., 42).

Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme. L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria. Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio. Esorto pertanto tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita.

Preghiamo quindi che il Signore Risorto ci faccia sperimentare sempre la sua dolce presenza in mezzo a noi, ci rafforzi con il suo Spirito nella fede e nell’intelligenza delle Scritture, per vivere con rinnovato zelo la nostra vocazione di essere i suoi testimoni, con l’esempio della vita e con l’annuncio esplicito di Cristo, in mezzo a tutti i popoli, sino alla fine del mondo. Amen.

 

Spunti utili:

Catechismo della Chiesa Cattolica

 

II. Il potere delle chiavi

 

981 Cristo dopo la sua risurrezione ha inviato i suoi Apostoli a predicare «nel suo nome [...] a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47). Tale «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18) non viene compiuto dagli Apostoli e dai loro successori solamente annunziando agli uomini il perdono di Dio meritato per noi da Cristo e chiamandoli alla conversione e alla fede, ma anche comunicando loro la remissione dei peccati per mezzo del Battesimo e riconciliandoli con Dio e con la Chiesa grazie al potere delle chiavi ricevuto da Cristo:

    La Chiesa «ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli, affinché in essa si compia la remissione dei peccati per mezzo del sangue di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo. In questa Chiesa l'anima, che era morta a causa dei peccati, rinasce per vivere con Cristo, la cui grazia ci ha salvati».

III. I sacramenti della fede

1122 Cristo ha inviato i suoi Apostoli perché «nel suo nome», siano «predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47). «Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). La missione di battezzare, dunque la missione sacramentale, è implicita nella missione di evangelizzare, poiché il sacramento è preparato dalla Parola di Dio e dalla fede, la quale è consenso a questa Parola:

«Il popolo di Dio viene adunato innanzi tutto per mezzo della Parola del Dio vivente. [...] La predicazione della Parola è necessaria per lo stesso ministero dei sacramenti, trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con la Parola».

Papa Francesco, Regina Caeli, Piazza San Pietro, Domenica, 18 aprile 2021

In questa terza domenica di Pasqua, ritorniamo a Gerusalemme, nel Cenacolo, come guidati dai due discepoli di Emmaus, i quali avevano ascoltato con grande emozione le parole di Gesù lungo la via e poi lo avevano riconosciuto «nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Ora, nel Cenacolo, Cristo risorto si presenta in mezzo al gruppo dei discepoli e li saluta: «Pace a voi!» (v. 36). Ma essi sono spaventati e credono «di vedere un fantasma», così dice il Vangelo (v. 37). Allora Gesù mostra loro le ferite del suo corpo e dice: «Guardate le mie mani e i miei piedi – le piaghe –: sono proprio io! Toccatemi» (v. 39). E per convincerli, chiede del cibo e lo mangia sotto i loro sguardi sbalorditi (cfr vv. 41-42).

C’è un particolare qui, in questa descrizione. Dice il Vangelo che gli Apostoli “per la grande gioia ancora non credevano”. Era tale la gioia che avevano che non potevano credere che quella cosa fosse vera. E un secondo particolare: erano stupefatti, stupiti; stupiti perché l’incontro con Dio ti porta sempre allo stupore: va oltre l’entusiasmo, oltre la gioia, è un’altra esperienza. E questi erano gioiosi, ma una gioia che faceva pensare loro: no, questo non può essere vero!… È lo stupore della presenza di Dio. […]

Fratelli e sorelle, questa pagina evangelica ci dice che Gesù non è un “fantasma”, ma una Persona viva; che Gesù quando si avvicina a noi ci riempie di gioia, al punto di non credere, e ci lascia stupefatti, con quello stupore che soltanto la presenza di Dio dà, perché Gesù è una Persona viva. Essere cristiani non è prima di tutto una dottrina o un ideale morale, è la relazione viva con Lui, con il Signore Risorto: lo guardiamo, lo tocchiamo, ci nutriamo di Lui e, trasformati dal suo Amore, guardiamo, tocchiamo e nutriamo gli altri come fratelli e sorelle.

Benedetto XVI, Regina Cæli, Domenica, 22 aprile 2012

Poiché la risurrezione non cancella i segni della crocifissione, Gesù mostra agli Apostoli le mani e i piedi. E per convincerli, chiede persino qualcosa da mangiare. Così i discepoli «gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» (Lc 24,42-43). San Gregorio Magno commenta che «il pesce arrostito al fuoco non significa altro che la passione di Gesù Mediatore tra Dio e gli uomini. Egli, infatti, si degnò di nascondersi nelle acque del genere umano, accettò di essere stretto nel laccio della nostra morte e fu come posto al fuoco per i dolori subiti al tempo della passione» (Hom. in Evang. XXIV, 5: CCL 141, Turnhout 1999, 201).

Grazie a questi segni molto realistici, i discepoli superano il dubbio iniziale e si aprono al dono della fede; e questa fede permette loro di capire le cose scritte sul Cristo «nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44). Leggiamo, infatti, che Gesù «aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati… Di questo voi siete testimoni”» (Lc 24,45-48). Il Salvatore ci assicura della sua presenza reale tra noi, per mezzo della Parola e dell’Eucaristia. Come, perciò, i discepoli di Emmaus riconobbero Gesù nello spezzare il pane (cfr Lc 24,35), così anche noi incontriamo il Signore nella Celebrazione eucaristica. Spiega, a tale proposito, san Tommaso d’Aquino che «è necessario riconoscere secondo la fede cattolica, che tutto il Cristo è presente in questo Sacramento… perché mai la divinità ha lasciato il corpo che ha assunto» (S.Th. III, q. 76, a. 1).