I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) - “Saldi e irreprensibili alla venuta del Signore”
Prima Lettura
Geremia 33,14-16
Farò germogliare per Davide un germoglio giusto.
Salmo responsoriale
Salmo 24
A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.
Seconda Lettura
1 Tessalonicesi 3,12-4,2
Il Signore renda saldi i vostri cuori al momento della venuta di Cristo.
Lettura del Vangelo
Luca 21,25-28.34-36
La vostra liberazione è vicina.
Commento Biblico-Missionario
“Saldi e irreprensibili alla venuta del Signore”
1. L’esortazione di san Paolo apostolo nella seconda lettura riassume bene l’impegno dei fedeli nel tempo attuale dell’attesa del Signore: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti […], per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1Ts 3,12-13). Sono le parole della prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, la quale, secondo l’opinione condivisa degli esegeti, si presenta come il primo scritto in assoluto del Nuovo Testamento e viene datato attorno agli anni '50, cioè appena una ventina di anni dopo la dipartita di Cristo. L’attesa quindi del ritorno del Signore era altissima tra i primi cristiani, soprattutto tra quelli a Tessalonica, a nord della Grecia, una delle prime città europee evangelizzate da Paolo con i suoi compagni nei suoi primi viaggi missionari. Erano tutti zelanti nella speranza della salvezza finale che avverrà con il ritorno di Gesù alla fine del mondo, come Egli stesso aveva promesso secondo quanto letto anche nel Vangelo di oggi (cf. Lc 21,27).
Tale forte attesa ci può essere ancora oggi, un richiamo e un insegnamento su una verità intramontabile: ci sarà la fine di tutto e il Signore Gesù verrà. Per noi cristiani del Terzo Millennio la domanda fondamentale è: «attendiamo ancora con fervore la venuta del Signore? O in generale Lo attendiamo ancora? Guardiamo ancora il Cielo ogni tanto per scorgere l’arrivo di Gesù sulle nubi?» Dato che fino ad oggi la Sua seconda venuta non si è ancora avverata, non ci manca certamente la pazienza dopo duemila anni di attesa! Anzi, forse siamo arrivati al punto di non pensarci più, occupandoci solo delle cose di questo mondo. «Intanto, verrà!» – dice qualcuno – «e quando? Solo Dio lo sa, e perciò continuo a fare le mie cose!» Ci manca forse un po’ di nostalgia della presenza del Signore Gesù, stato d’animo che i primi suoi apostoli, quelli inviati-missionari, sperimentavano intensamente fino a contagiare i loro ascoltatori. È ora di recuperare tale sana nostalgia del Signore che proviene dall’amicizia profonda con Lui. Il punto è cruciale per la missione. Solo il cristiano o la cristiana, che porta sempre Gesù nel cuore, brucia dal desiderio di incontrarLo e anela così alla sua venuta promessa. E solo quel cristiano o quella cristiana sente in sé la spinta a condividere con gli altri tale dolce amicizia con Cristo. Diventa per natura delle cose un missionario/una missionaria di Cristo.
2. La domanda per noi oggi rimane sempre la stessa: «tu che ti chiami cristiano e che sei discepolo di Cristo, aneli a quella redenzione finale che Egli porta?» Per chi non sente niente come a dead man walking “un morto che cammina”, il buon Signore lascia nel Vangelo anche qualche ammonimento con un tono diretto ma cordiale, seguito da una concreta raccomandazione.
Prima, l’avvertimento: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso» (Lc 21,34). Attenzione per chi non vive l’attesa! Attenti i cuori appesantiti in varie cose mondane: «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita!» I primi due vizi elencati sono spesso denunciati nell’insegnamento biblico (cf. Rm 13,13; Gal 5,21; anche Is 24,20 LXX), mentre gli “affanni della vita” fanno parte delle cose che, secondo la spiegazione di Gesù nel vangelo di Luca, impediscono ai semi, caduti tra le spine, di crescere pienamente (cf. Lc 8,14). Tutti e tre insieme descrivono un vivere pratico senza Dio, come nei giorni di Noè e di Lot, quando «mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano» (cf. Lc 17,26-30).
Dopo, segue l’esortazione. Gesù indica anche la medicina contro la tiepidezza di un cuore stanco dell’attesa per le cose del Signore e del suo regno: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21,36). L’esortazione riflette quella di Gesù sulla necessità di vegliare in Mc 13,33, e anche quella rivolta direttamente a san Pietro apostolo: «Vegliate e pregate per non entrare in tentazione» (Mc 14,38; cf. v.35). Vegliare e pregare vanno insieme e sono scambievoli: vegliare significa pregare e viceversa. Il dettaglio distintivo nell’esortazione gesuana in Lc è l’insistenza sul tempo della preghiera/veglia: “in ogni momento”, come già visto altrove nel Terzo Vangelo (cf. Lc 18,1.7-8). San Paolo, perciò, raccomanderà agli stessi Tessalonicesi che aspettavano ferventemente il ritorno del Signore: «Pregate incessantemente» (1Ts 5,17). E ripeterà anche ai Romani: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti/costanti nella preghiera» (Rm 12,12).
3. La preghiera quindi, quella costante, incessante, in ogni tempo, diventa un mezzo fondamentale e indispensabile da scoprire per rinnovare lo zelo della vita, nell’attesa della venuta del Signore. Ciò vale per ogni cristiano, battezzato, missionario. A tal proposito, vanno ricordate le parole memorabili di Papa Francesco nel Videomessaggio in occasione dell’apertura ufficiale dell’assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie (28/5/2018): «La preghiera è la prima “opera missionaria” – la prima! – che ogni cristiano può e deve fare, ed è anche quella più efficace, seppure questo non si possa misurare».
Con la preghiera costante ed ardente per la venuta del Regno, ogni cristiano diventa missionario, anche se non tutti hanno possibilità di andare in terra straniera per annunciare il Vangelo (come il caso di santa Teresa di Lisieux, patrona della missione!). Con la preghiera costante ed ardente, ogni missionario compie ancora di più la missione di Cristo, il quale ha pregato Egli stesso costantemente nella comunione con Dio Padre. Il culmine delle veglie di preghiera è proprio la celebrazione eucaristica che, come spiegato, è missionaria per natura, perché in essa si attua misticamente la missione di Cristo nell’offerta non cruente del suo corpo e sangue e si continua la missione dei cristiani, inviati da Cristo stesso e dalla sua Chiesa.
Perché allora, soprattutto durante il periodo di Avvento, non facciamo più spesso preghiere e veglie di preghiera per le missioni e la Missione della Chiesa? Tali azioni ci aiuteranno ad essere vigili, anzi, ardenti nell’attesa, a rendere saldi i cuori; ci ricorderanno il dovere di camminare nella santità verso “quel giorno” della salvezza finale con il Signore; e accenderanno l’entusiasmo di testimoniare a tutti il Cristo morto e risorto, donec veniat “finché Egli venga”. Amen. Maranathà!
P. Dinh Anh Nhue Nguyen, OFM Conv
Pontificia Unione Missionaria