Charles de Forbin-Janson nasce a Parigi, nel 1785, in una famiglia nobile e cattolica. Cresce in un ambiente familiare plasmato dalla fede in Dio e dalla fedeltà al Papa e alla Chiesa. Sin da piccolo è attento ai bisogni dei suoi coetanei. A 18 anni entra nell’Accademia militare per poi proseguire i suoi studi a Parigi. Con l’arrivo di Napoleone la situazione ecclesiale in Francia cambia e diventa critica. Così, dopo aver rinunciato al ruolo di membro del Consiglio di Stato nominato direttamente da Napoleone, Charles decide di diventare sacerdote per mettersi al servizio di Dio nella Chiesa, in particolare per difendere il Papa, per riportare la fede nella sua Francia ormai anticlericale e per evangelizzare il mondo. Durante il periodo del seminario, Charles frequenta la cappella delle missioni estere di Parigi, inizia ad ascoltare i racconti dei missionari sul loro lavoro in Cina e sulle migliaia di bambini che sacerdoti e suore accolgono, curano, educano, battezzano e a cui insegnano a vivere secondo i valori cristiani. Nel tempo libero si dedica al catechismo per i bambini della sua parrocchia e insegna loro a pregare. Si ritiene fortunato di aver ricevuto dai suoi genitori una buona educazione cattolica. Pensa continuamente a quei poveri bambini che non possono crescere nella bellezza della fede, ai tanti bambini in Cina che non hanno nessuno che insegni loro chi è Dio.
È il 1809 e Papa Pio VII viene arrestato da Napoleone. Due anni dopo Charles viene ordinato sacerdote. Il suo spirito missionario cresce e si fortifica. A 38 anni è ordinato vescovo di Nancy e immediatamente inizia a organizzare ritiri e missioni in tutte le parrocchie della sua diocesi. Anche come vescovo vive in modo molto semplice, pur avendo fatto esperienza di vita nobile e ricca, e sostiene: «La mia più grande gioia è rendere felici gli altri». Distribuisce continuamente le sue ricchezze e tiene per sé pochissimo nel guardaroba. Durante una sua assenza dalla diocesi per impegni pastorali, gli anticlericali saccheggiano il seminario vescovile e gli impediscono di rientrare a Nancy.
Inizia il periodo più triste della sua vita: l’esilio. Continua però a pensare ai missionari e ai bambini della Cina. Dopo tre anni di missione in America del Nord, rientra in Francia e, a Lione, incontra Pauline Jaricot, la fondatrice dell’Opera della Propagazione della fede, e parla con lei dei suoi desideri e idee. Lui stesso era stato uno dei primi vescovi in Francia a stabilire nella sua diocesi l’opera da lei fondata e incoraggiava continuamente sacerdoti e fedeli a sostenere le missioni attraverso quell’opera. Anche in esilio aveva continuato a fare lo stesso. Il vescovo incontrò la Jaricot una seconda volta, quella determinante per l’inizio di una nuova opera. Ciò che lei aveva organizzato per gli adulti in Francia, lui lo avrebbe organizzato per i bambini di tutta Europa. Charles era felicissimo: i bambini avrebbero aiutato i loro fratelli e sorelle e non solo quelli della Cina, ma di tutte le missioni del mondo. Questo progetto avrebbe avuto un doppio beneficio: dare un aiuto materiale e spirituale ai bambini nelle missioni e far scoprire a quelli in Europa la virtù della carità verso gli altri: «C’è più gioia nel donare che nel ricevere» (Atti degli apostoli, 20, 35). In tal modo, come il bambino Gesù, sarebbero cresciuti in età, sapienza e grazia davanti a Dio. Il futuro si costruisce dal presente.
Seguendo il suggerimento di Pauline, monsignor Charles pensa a qualcosa di semplice e piccolo che avrebbe reso santi i bambini: una breve preghiera giornaliera e un piccolo sacrificio mensile. E proprio attraverso questi due strumenti missionari i bambini del mondo sarebbero stati uniti.
È il 19 maggio 1843: nasce l’Opera della Santa Infanzia e nel suo nome c’è la volontà di Charles de Forbin-Janson di affidarla alla protezione di Gesù bambino. Il mese successivo, l’evento è annunciato solennemente nella parrocchia di origine del presule e una circolare è inviata a tutti i vescovi della Francia. La maggioranza sono favorevoli a questa nuova iniziativa, qualcuno invece è preoccupato di una possibile interferenza con l’opera avviata anni prima dalla Jaricot. Queste perplessità vengono meno quando si sa che fu la stessa Pauline, insieme a Charles, a volere la creazione di un’opera distinta per i bambini e che lei stessa era stata la prima a dare per essa un contributo economico.
Il progetto si realizza: l’opera risveglia i bambini europei ai bisogni degli altri bambini in una nuova dimensione della coscienza missionaria: trasmettere uno sguardo e un cuore missionario sin dall’infanzia. L’8 dicembre 1843 Charles, vista la diffusione dell’opera anche in Belgio, scrive una lettera a undici vescovi missionari assicurando loro il supporto, in particolare per il battesimo dei bambini e l’educazione cristiana. Sottolinea che l’aiuto è dai bambini per i bambini, per il loro benessere spirituale e materiale.
Nella primavera del 1844, consumato dalla fatica evangelizzatrice e dallo zelo missionario, monsignor Charles accetta di ritirarsi, continuando però la sua corrispondenza con i sacerdoti francesi e con le missioni. A maggio dello stesso anno Papa Gregorio XVI dà l’approvazione al lavoro della Santa infanzia. L’11 luglio 1844 Charles muore. Serenamente e con l’ultimo pensiero dedicato alla Santa infanzia.