VI Domenica di Pasqua (Anno A)
At 8,5-8.14-17;
Sal 65;
1Pt 3,15-18;
Gv 14,15-21
Acclamate Dio, voi tutti della terra
COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO
Le parole dell’Amore divino che chiede di amare
Il Vangelo odierno è la continuazione delle parole di Gesù che abbiamo ascoltato domenica scorsa. Siamo quindi invitati a rimanere ancora nel clima mistico dell’Ultima Cena e del Discorso di addio di Gesù ai suoi intimi discepoli, per accogliere e tenere a cuore il messaggio profondo e commovente di Cristo, Colui che, nella sua «ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Anche oggi come una settimana fa, queste poche righe di commento che seguono vorrebbero proporre solo alcuni spunti per un’ulteriore meditazione su questi profondi pronunciamenti di Cristo che abbiamo ascoltati.
1. «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»
Dopo aver dichiarato ai suoi di essere la via, la verità, la vita e di essere il volto visibile del Dio Padre invisibile, Gesù parla ora dell’amore che i suoi discepoli dovrebbero avere per Lui, indicando con autorità in che cosa esso consiste concretamente: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti». Tale “regola” sembra stare molto a cuore a Gesù, perché Egli ribadirà ancora verso la fine del suo breve discorso: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama» (Gv 14,21; anche 15,10). Occorre perciò approfondire questo messaggio, sottolineando almeno tre aspetti importanti.
In primo luogo, va ricordato il contesto completamente avvolto nell’amore di Gesù per i suoi e per tutta l’umanità, che raggiunge il culmine nel sacrificio della Croce, come abbiamo accennato nell’introduzione. Gesù quindi ama per primo, come il Padre che per primo «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16). Anzi, Egli ora è l’espressione concreta e visibile dell’amore di Dio invisibile, e in quanto tale, Gesù invita i suoi discepoli nell’era della Nuova Alleanza a rispondere in modo concreto a questo amore, proprio come Dio ha chiesto al suo popolo Israele l’amore e l’osservanza dei comandamenti, dopo averlo liberato dalla schiavitù d’Egitto e dopo aver stretto con esso l’alleanza del Sinai: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore» (Dt 6,4-6).
In secondo luogo, i comandamenti da osservare, così come l’espressione concreta dell’amore per Gesù, non si riferiscono solo ai precetti o alle norme di carattere giuridico e morale, bensì riguardano l’insieme dell’insegnamento che Egli ha lasciato ai discepoli. Si tratta quindi dell’osservare tutte le sue parole, o semplicemente la sua Parola, come viene precisato da Gesù stesso in seguito: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola […]. Chi non mi ama, non osserva le mie parole» (Gv 14, 23.24). Per di più, tutti i comandamenti e gli insegnamenti di Gesù trovano l’apice nel nuovo comandamento dell’amore, indicato da Lui sin dall’inizio del Discorso di addio: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). (È l’Amore che chiede di amare!) Del resto, tutto ciò risulta conforme anche con quanto affermato sull’osservanza dei comandamenti divini nell’AT, i quali, da un lato, implicano soprattutto le Parole o la Parola di Dio rivelata a Mosè e ai profeti, e dall’altro, si racchiudono nel duplice comandamento dell’amore per Dio e per il prossimo.
Infine, alla luce di quanto esposto, l’osservare i comandamenti/parole di Gesù non riguarda solo l’azione di eseguire ciò che Egli raccomanda, bensì implica anche e soprattutto un custodire costantemente e gelosamente ogni parola del Maestro che solo ha «parole di vita eterna», come Pietro ha professato a nome di tutti i suoi discepoli di ogni tempo (Gv 6,68). Gesù stesso ha invitato, anzi, ha implorato i discepoli di rimanere nelle sue parole, e ciò significa rimanere in Lui e nel suo amore, per portare il frutto duraturo nella missione (cf. Gv 15,4-10). Ma noi, i suoi discepoli-missionari di oggi, amiamo veramente Gesù? Rimaniamo sempre immersi nelle sue parole e così nel dolce amore di Lui e per Lui?
2. In attesa di «un altro Paràclito», «lo Spirito della verità»
Proprio nella prospettiva di osservare e custodire le parole di Gesù, Egli introduce ai discepoli (per la prima volta nel suo Discorso di addio) la figura di «un altro Paràclito», «perché rimanga con voi per sempre». Paràclito significa Colui-che-è-chiamato-ad-essere-accanto, Avvocato-Consolatore. Sappiamo che si tratta dello Spirito Santo, ma qui viene subito definito come «lo Spirito della verità», perché, come spiegato successivamente, Egli aiuterà i discepoli a ricordare e comprendere sempre di più tutte le parole di Gesù, il primo Maestro e Paràclito per i suoi (cf. 1Gv 2,1). Si afferma infatti in Gv 14,26: «Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»; e ancora in Gv 16,13: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future».
In questo modo, ogni discepolo di Gesù viene chiamato a conoscere e riconoscere questo Spirito della verità che in realtà è lo Spirito di Gesù che è la via, la verità, la vita. Qui, l’affermazione di Gesù riguardo alla relazione reciproca tra lo Spirito e i discepoli rivela un dato di fatto: «Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi». Tale rivelazione, però, è nello stesso tempo un richiamo ai suoi ad aprirsi allo Spirito e a coltivare sempre tale “permanenza” dello Spirito in loro, in contrasto con quel “mondo” che purtroppo rifiuta le parole di Gesù e il suo amore. Lo Spirito sarà proprio il dono del Risorto ai suoi per la nuova vita in Cristo. E la presenza dello Spirito nei discepoli sarà anche un aiuto e una garanzia del loro rimanere in Gesù, nel suo insegnamento e nell’amore per Lui, perché è lo Spirito d’Amore di Dio. Tale presenza dello Spirito sarà poi guida certa e ispirazione costante per i discepoli a continuare la stessa missione di Gesù Maestro e Signore, come il diacono Filippo e altri apostoli, cioè inviati, in Samaria (cf. At 8, 5-17; prima lettura). In tale Spirito, i credenti in Gesù sapranno certamente essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza» che è in loro, e ciò «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (cf. 1Pt 3,15-18; seconda lettura), perché tutto sarà fatto nello Spirito d’Amore.
3. «Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui»
Quest’ultima frase del discorso di Gesù suona come fosse una condizione, in cambio della quale ogni uomo sarà amato da Dio e da Gesù. In realtà, come sottolineato prima (nel primo punto del commento), è stato già affermato l’amore incondizionato e preventivo di Dio Padre e del Figlio a tutta l’umanità “sino alla fine” del sacrificio supremo di sé sulla Croce. In tale contesto, l’insegnamento di Gesù vuole essere l’invito, rivolto a tutti, ad ogni uomo/donna che Egli ama, ad entrare nell’orbita dell’amore divino, abbandonandosi totalmente e aderendo ad esso. In altri termini, l’amore di Cristo, che precede, richiama «con dolcezza e rispetto» l’adesione e la fede dell’uomo, affinché questi, una volta aperta la porta del suo cuore, possa ricevere la pienezza dell’amore e della manifestazione divina: «sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Anzi, come Gesù spiegherà subito dopo, si tratta non tanto della manifestazione divina esterna all’uomo che si apre all’Amore, quanto della realtà di “inabitazione trinitaria” nell’anima da parte di Dio Padre, Figlio con lo Spirito: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Non si tratta, quindi, di qualche esperienza particolare riservata a pochi eletti, bensì della realtà universale di ogni battezzato che, in virtù del suo Battesimo, diventa il Tempio dello Spirito Santo e quindi del Dio vivente. Così, si intravede la via di realizzazione della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, come preannunciato ad Israele tramite il profeta Zaccaria: «Ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14).
In quest’ottica, prima di ascendere definitivamente al Padre, il Cristo risorto assicurerà ai suoi discepoli, inviati da Lui in tutte le nazioni: «ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Così, ogni discepolo-missionario di Cristo potrà sempre dire, come san Paolo apostolo: «non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Preghiamo che tutti noi battezzati, chiamati a essere discepoli-missionari, possiamo crescere sempre di più nella nostra vocazione universale di essere templi e testimoni del Dio, vivente e grande nell’amore, per potere trasmettere a tutti i bisognosi quell’amore di Dio in Cristo, di cui ci nutriamo ogni giorno nella comunione con la sua Parola e con il suo Corpo e Sangue offerti per noi. Amen.