Ascensione del Signore (Anno A)
At 1,1-11;
Sal 46;
Ef 1,17-23;
Mt 28,16-20
Ascende il Signore tra canti di gioia
COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO
«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli»
La solennità dell’Ascensione del Signore ci invita a riflettere ancora su questo evento misterioso e, nel suo contesto, sulle ultimissime parole che il Cristo risorto ha lasciato ai discepoli prima di ascendere al cielo, come ci riportano gli evangelisti. Il Vangelo di quest’anno A ci invita a meditare più in profondità sull’episodio dell’ascensione di Cristo secondo il racconto di san Matteo, in particolare sul “mandato missionario” del Signore risorto ai suoi discepoli nel momento di “congedo”. Tre sono i dettagli nel racconto evangelico, sui quali vogliamo soffermarci.
1. Di nuovo «in Galilea, sul monte»
È molto significativo il luogo dell’Ascensione del Signore che san Matteo l’evangelista vuole sottolineare: «gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato». Tale menzione che è concreta (Galilea) e al contempo vaga (sul monte indicato da Gesù ma senza nome), sembra servire non per fornire un’indicazione geografica precisa, ma per offrire una prospettiva teologica e spirituale su cui riflettere. In altre parole, sarebbe fuori luogo comparare questo racconto dell’Ascensione secondo san Matteo con quello secondo san Luca nel suo Vangelo e negli Atti degli Apostoli (prima lettura) per domandare chi offre l’informazione più precisa sul luogo dove Gesù è salito al cielo: Galilea o vicino Gerusalemme. (Sarebbe perciò scorretto criticare la credibilità dei racconti evangelici in questione, i quali vogliono sottolineare più il messaggio teologico base del mistero accaduto nella storia).
Bisogna solo scrutare e comprendere ulteriormente la visione teologica che ogni evangelista ha e che vuole trasmettere. In quest’ottica, va sottolineato il riferimento alla Galilea nel Vangelo di san Matteo come contesto spaziale dell’incontro di congedo tra il Risorto e i suoi discepoli. Emerge ben chiaro un cerchio altamente simbolico: in Galilea Gesù ha cominciato la sua missione terrena e la finisce sempre in Galilea. Così, i suoi discepoli saranno inviati da Gesù in tutto il mondo, cominciando la missione proprio dalla Galilea, proprio come il loro Maestro e Signore.
Qui, ci sembra utile riprendere il nostro approfondimento in un commento precedente (3a domenica Tempo ordinario): La Galilea ai tempi di Gesù è quella delle genti e d’Israele (terra di Zàbulon e di Nèftali); diventa così l’immagine del mondo intero in cui convivevano gli Israeliti e i non-Israeliti, i giudei e i pagani. Era il (micro)cosmo in cui Gesù operava e compiva il disegno di salvezza di Dio per tutta l’umanità. In quella terra Gesù, Figlio di Dio ha cominciato tutto, così è sorta «una grande luce» di Dio per «il popolo che abitava nelle tenebre». Tant’è vero che Lui stesso dichiarerà: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Egli è la luce che illumina e rivela, con parole ed opere, il vero volto di Dio misericordioso e pietoso che ama e chiama tutti a conoscere, cioè a sperimentare, il suo amore per godere la vita in abbondanza con e in Dio. Tutto questo comincia dalla Galilea d’Israele e delle genti.
San Matteo, alla fine del suo vangelo, “riporterà” tutti, Gesù e i suoi discepoli, di nuovo «in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato» (Mt 28,16). Là avverrà l’ultima apparizione di Gesù Risorto ai suoi, prima dell’Ascensione, e là Egli lascerà loro il grande comando missionario: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli […]. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Così si chiude il cerchio della missione di Gesù sulla terra: dalla Galilea alla Galilea, e così comincia ora la missione dei suoi discepoli, di tutti, inclusi quelli “dubbiosi” (cf. Mt 28,17): dalla Galilea al mondo intero il cui simbolo rimane quella terra di Zàbulon e di Nèftali. Pur andando ai confini più lontani della terra, i discepoli missionari di Gesù rimarranno misticamente in questa sua Galilea, dove Egli continuerà a essere con loro nelle loro attività missionarie «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Per questo, anche i suoi discepoli avranno la stessa missione e vocazione di essere “luce del mondo”, proprio come il loro Maestro Gesù, luce di Dio che risplende nelle tenebre, nella Galilea del mondo.
2. «Essi però dubitarono […] Gesù si avvicinò»
Come accennato poc’anzi, nel momento solenne dell’ultima apparizione di Cristo ai suoi discepoli, questi ancora «dubitarono», come sottolinea l’evangelista. Si tratta di un fatto incredibile: davanti alla presenza vera del Signore risorto, loro, tutti o molti, non credevano ancora, anche se «quando lo videro, si prostrarono». Ma cosa ancor più eccezionale è che, malgrado i loro dubbi e la fede debole, il Risorto «si avvicinò» a loro e gli affidò il mandato eccelso di continuare la sua propria missione di far discepoli in tutto il mondo. Lasciando per il successivo punto l’analisi del “comando missionario”, ci preme qui sottolineare la grande rilevanza, anche al giorno d’oggi, della fiducia di Gesù nei confronti dei suoi discepoli nel momento di inviarli nella missione.
In effetti, quanto accaduto in quel momento sul monte in Galilea potrebbe suggerirci due aspetti importanti per la spiritualità missionaria. Anzitutto, il “dubbio” anche in quelli che «quando lo videro, si prostrarono». Vediamo in questa prostrazione dei discepoli già un segno della fede che avevano. Tuttavia, tale fede nel Signore non eliminò del tutto i possibili dubbi. Anzi, il Signore stesso qui sembrava non volere eliminare questi dubbi. Egli ne prese atto, li comprese, e ci passò sopra. Egli non ha scelto i più perfetti, i più puri di fede, i senza dubbio, per la sua missione. Voleva semplicemente quelli disposti a collaborare con Lui malgrado tutto, e ciò che conta di più, ciò che è richiesto di più, è la fedeltà assoluta da parte dei discepoli nel trasmettere le parole del Maestro nella missione: «insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Ciò vale per i discepoli-missionari di allora come di oggi, in ogni tempo e in ogni luogo!
In secondo luogo, in quel momento sul monte in Galilea, il Maestro risorto aveva davvero riposto un’enorme fiducia nei suoi che «dubitarono». In realtà, è il suo “stile”, paziente e misericordioso, che Egli ha dimostrato più volte ai discepoli dopo la Risurrezione, come ha fatto con Tommaso apostolo e anche nella storia con i due di Emmaus. E prima ancora di qualsiasi azione o parola, risulta molto bella e altamente profonda l’annotazione dell’evangelista che «Gesù si avvicinò» ai suoi che «dubitarono» sul monte, come ai due smarriti e scoraggiati sulla strada di Emmaus. Qui, possiamo riascoltare il commento significativo di Papa Francesco su questo “avvicinarsi” di Gesù, come è scritto nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale per quest’anno:
Ed ecco, «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15). Come all’inizio della vocazione dei discepoli, anche ora nel momento del loro smarrimento, il Signore prende l’iniziativa di avvicinarsi ai suoi e camminare al loro fianco. Nella sua grande misericordia, Egli non si stanca mai di stare con noi, malgrado i nostri difetti, i dubbi, le debolezze, nonostante la tristezza e il pessimismo ci inducano a diventare «stolti e lenti di cuore» (v. 25), gente di poca fede.
Oggi come allora, il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell’iniquità che li circonda e li vuole soffocare. Perciò, «non lasciamoci rubare la speranza!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Il Signore è più grande dei nostri problemi [e dubbi, possiamo aggiungere!], soprattutto quando li incontriamo nell’annunciare il Vangelo al mondo, perché questa missione, in fin dei conti, è sua e noi siamo semplicemente i suoi umili collaboratori, “servi inutili” (cfr Lc 17,10).
3. «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli»
Eccoci di fronte al “comando missionario” del Signore, in cui ogni espressione, anzi ogni parola, dovrà essere scolpita nel cuore di tutti i suoi discepoli. Davanti alla ricchezza e profondità di questo ultimo messaggio del Risorto ai suoi, ci sentiamo incapaci di offrire qualche commento sintetico a causa del tempo limitato. Lasciamoci quindi aiutare dalle parole autorevoli del Papa, san Giovanni Paolo II, nella Lettera Enciclica Redemptoris Missio (circa la permanente validità del mandato missionario), documento che è sempre attuale:
22. Tutti gli evangelisti, quando narrano l’incontro del Risorto con gli apostoli, concludono col mandato missionario: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... (At 1,8) Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». (Mt 28,18); (Mc 16,15); (Lc 24,46); (Gv 20,21) Questo invio è invio nello Spirito come appare chiaramente nel testo di san Giovanni […]
23. Le varie forme del «mandato missionario» contengono punti in comune e accenti caratteristici; due elementi però, si ritrovano in tutte le versioni. Anzitutto, la dimensione universale del compito affidato agli apostoli: «Tutte le nazioni»; (Mt 28,19) «in tutto il mondo a ogni creatura»; (Mc 16,15) «tutte le genti»; (Lc 24,47) «fino agli estremi confini della terra». (At 1,8) In secondo luogo, l’assicurazione data loro dal Signore che in questo compito non rimarranno soli, ma riceveranno la forza e i mezzi per svolgere la loro missione. È in ciò la presenza e la potenza dello Spirito e l’assistenza di Gesù: «Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro». (Mc 16,20)
[…] In Matteo l’accento missionario è posto sulla fondazione della chiesa e sul suo insegnamento; (Mt 28,19); (Mt 16,18) in lui, dunque, il mandato evidenzia che la proclamazione del Vangelo dev’essere completata da una specifica catechesi di ordine ecclesiale e sacramentale.
[…] I quattro Vangeli, dunque, nell’unità fondamentale della stessa missione, attestano un certo pluralismo che riflette esperienze e situazioni diverse nelle prime comunità cristiane. Esso è anche frutto della spinta dinamica dello stesso Spirito; invita a essere attenti ai diversi carismi missionari e alle diverse condizioni ambientali e umane. Tutti gli evangelisti, però, sottolineano che la missione dei discepoli è collaborazione con quella di Cristo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. (Mt 28,20) La missione, pertanto, non si fonda sulle capacità umane, ma sulla potenza del Risorto.
La Solennità dell’Ascensione del Signore quindi è sempre anche la Festa dell’invio missionario dei discepoli di Cristo. Con gratitudine per la grande misericordia e fiducia che il Risorto ha avuto e continua ad avere per noi, suoi discepoli-missionari moderni, più volte tormentati da tanti dubbi che vengono da una generazione “incredula” e “malvagia”, sentiamoci chiamati ad essere sempre fedeli alle sua parole nel portare avanti la sua missione in tutti i popoli. E che nella nostra vita da discepoli-missionari sappiamo innalzare sempre lo sguardo al Cielo dove il nostro Maestro-Signore è salito e dove regna ora con «ogni potere in cielo e sulla terra», per attingere sempre la forza da Colui che è Dio-con-noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Amen.