Al confine con il Myanmar un'esperienza di "pastorale della di Riconciliazione”

01 marzo 2021

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Il sacramento della riconciliazione è il tema dell’Intenzione di preghiera di Papa Francesco per l’evangelizzazione relativa al mese di marzo 2021: “Preghiamo affinché viviamo il sacramento della riconciliazione con una rinnovata profondità, per gustare l'infinita misericordia di Dio”. 

Una “pastorale di riconciliazione” è quella svolta da padre Alessio Crippa, missionario saveriano, destinato a svolgere il servizio missionario in un’area – Umphang, provincia di Tak – al confine tra Thailandia e Myanmar, in territorio thailandese. L’area a cavallo delle due nazioni è abitata dalla popolazione Karen, uno dei gruppi etnici maggioritari in Myanmar.  Il conflitto Karen-birmano si trascina da settant’anni segnando profondamente la società in quelle zone: vittime di violenze, molte famiglie Karen hanno cercato scampo in Thailandia e sono state accolte nei nove Centri per Rifugiati e richiedenti Asilo presenti lungo il confine. Padre Crippa con i confratelli missionari saveriani offre in questi centri il servizio pastorale, segnato fortemente dal bisogno di Riconciliazione che la gente sente. Queste persone hanno bisogno di essere ascoltate, di ricevere in dono tempo a disposizione e la garanzia dell’inviolabilità delle loro confidenze. “Ancora più inviolabile certamente, se questo ascolto non è un ascolto qualunque, ma è parte integrante del Sacramento della Riconciliazione. Il servizio ministeriale può raggiungere solo i pochi cattolici presenti nel Campo, per tutti gli altri invece posso parlare di un dialogo di Riconciliazione. In entrambi i casi l’elemento essenziale è l’empatia: entrare in punta di piedi nel mistero della storia e della vita dell’altro che è sempre un posto sacro che il Sacramento della Riconciliazione viene ad abitare e a riabilitare in modo nuovo, per mezzo dell’azione santificante della Grazia” spiega padre Crippa. “Lo Spirito fa del penitente una persona nuova e l’accostarsi al Sacramento diventa luogo di ri-creazione. L’esperienza che posso raccontare è quella di aver visto persone capaci di rivedere il proprio passato doloroso da un punto di vista nuovo: quello dettato dallo Spirito che fa vedere le cose alla maniera di Dio. Questo nuovo punto di vista mette la persona in piedi e le consente di camminare con la consapevolezza di portare delle ferite guarite: è incredibile notare come alcune persone proprio grazie ad un passato – luogo di azione della misericordia del Padre – si trovino a diventare punti di riferimento per tanti, agenti di riconciliazione per altri, porti sicuri per altri rifugiati con storie simili.  Offrire il Sacramento di Riconciliazione o comunque impostare con i non-cristiani una pastorale di Riconciliazione è un modo concreto per toccare quanto lo Spirito di Dio sia in azione soprattutto nelle periferie, tra gli emarginati, gli esclusi, I rifugiati che diventano i figli prediletti di un Dio morto in croce e Risorto per noi. Guardando alla vita di questi rifugiati posso notare sui loro volti le piaghe del Cristo Risorto, che trasfigurate in un Corpo Nuovo, diventano fonti di Grazia per tutti. Come missionario mi trovo così a fare i conti con una realtà che mi stravolge, quella che porta queste persone ferite ad essere veri missionari più di me, nell’andare ad offrire momenti di riconciliazione e consolazione a tanti altri nel campo rifugiati dove sono”.