II Domenica di Avvento (Anno A) «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»
San Giovanni Damasceno, Sacerdote e Dottore della Chiesa; Santa Barbara, Vergine e Martire
Is 11,1-10;
Sal 71;
Rm 15,4-9;
Mt 3,1-12
Vieni, Signore, re di giustizia e di pace
COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»
Le parole del titolo del commento qui sopra ci accompagnano fino al “cuore” del tempo di Avvento, iniziato una settimana fa. Esse vengono annunciate nel Vangelo odierno, quello secondo Matteo, da Giovanni il Battista, che così esortava tutti alla conversione per preparare “la via del Signore”. Anche noi siamo chiamati ad ascoltare attentamente la Parola di Dio vivente che parla ancora oggi attraverso la voce di Giovanni.
1. «Voce di uno che grida nel deserto»
Giovanni viene presentato come il profeta che assume in sé, nelle sue parole e con le azioni, le caratteristiche dei profeti della tradizione d’Israele. La sua voce nel deserto ricorda le parole del profeta Isaia che ha proclamato nel nome di Dio l’inizio di un nuovo esodo, una nuova uscita dall’esilio di Babilonia, come indicato dallo stesso evangelista. Inoltre, la menzione così dettagliata delle vesti di Giovanni Battista fa eco al modo di vestirsi del profeta Elia (cf. 2Re 1,8), e le cibarie di cui egli si nutre quotidianamente richiamano uno stile di vita austero e penitente, distintivo dei profeti.
Raffigurato come un profeta, Giovanni però ha qualcosa di speciale: l’essenza della sua predicazione viene descritta con l’esortazione alla conversione per il regno dei cieli, cioè il regno di Dio (secondo il modo di esprimersi giudaico che per reverenza del nome divino evita addirittura l’uso della parola Dio). L’identica esortazione sarà sulla bocca di Gesù all’inizio delle sue attività pubbliche: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» (Mt 4,17). In questo modo, si intravede, da un lato, la conferma da parte di Gesù della validità del messaggio di Giovanni Battista, e dall’altro, emerge ben chiara la figura di Giovanni Battista come predicatore del Vangelo, vale a dire della buona notizia di Dio, proclamata da Gesù, il Messia e Figlio di Dio, nella pienezza del tempo. In altri termini, Giovanni Battista è la voce di Dio, nella quale si sente lo stesso messaggio che Gesù, la Parola (Verbo) di Dio incarnata, annuncerà (proprio come sant’Agostino ha notato: Giovanni è la voce. Del Signore invece si dice: «In principio era il Verbo» [Gv 1,1]. Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio). Giovanni quindi è il profeta particolare, il profeta messianico che ha il grande onore di salutare la venuta del regno messianico, inaugurato da Cristo.
A tal proposito, sottolineo ancora che ogni profeta di Dio quindi è il suo inviato speciale al popolo per parlare sempre nel nome di Dio e delle cose che Dio gli chiede di dire! È cioè il missionario di Dio. Così avvenne anche con Giovanni Battista, presentato solennemente come il profeta eletto nella pienezza della storia che verrà poi lodato da Gesù stesso come “il più grande fra i nati”, “più che un profeta”, “il messaggero” di Dio (cf. Lc 7,27-28; Mt 11,9-11). E l’accenno particolare al “deserto” come luogo della vocazione e l’inizio delle attività del Battista serve non solo per segnare il compimento dell’annuncio profetico di Isaia (cf. Lc 3,4; Is 40,3) o per richiamare l’esperienza dell’esodo, ma anche per far immaginare un quadro spirituale generale del tempo e intuire una connessione tra l’entrata in scena del Battista e il rinnovamento escatologico del popolo. Il profeta-missionario di Dio agisce quasi sempre nel deserto, anche quando lo fa in una città super-popolata come Shanghai, New Delhi, Lagos, o San Paolo! Il fatto comunque non lo spaventa né scoraggia, perché sa di essere là non di propria volontà ma per una missione affidatagli dalla Parola di Dio!
2. «Razza di vipere! (…) Fate dunque un frutto degno della conversione»
La voce di Giovanni diventa estremamente severa nei confronti dei farisei e sadducei, membri dei due gruppi religiosi più importanti dell’epoca, i quali sono venuti comunque al suo battesimo: «Razza di vipere!». Ci sarà qualche ragione per tale epiteto! Forse egli vedeva l’ipocrisia dietro il loro atto apparente di ricevere il suo battesimo. Il segno esteriore, visibile, dovrà necessariamente corrispondere all’intenzione e all’impegno dello spirito ad un cambiamento fattivo della vita per entrare e rimanere nel regno dei cieli. Per questo Giovanni Battista insiste: «Fate dunque un frutto degno della conversione». Quale sarebbe questo frutto? Quale atto sarebbe “degno della conversione”? Da tale contesto si può intravedere che il frutto auspicabile sarà un aprirsi al regno messianico che si sta avvicinando.
Sul piano spirituale, il richiamo di Giovanni il Battista rimane valido per ogni “battezzato” di oggi, nel tempo presente dell’attesa della venuta del Signore. Lo stesso Signore Gesù ci ha ammonito senza mezzi termini contro ogni ipocrisia e pigrizia spirituale: «Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (Mt 7,19), e ancora: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). Tutti i battezzati di allora come ora sono chiamati all’impegno serio della conversione che porta alla fede matura «che si rende operosa per mezzo della carità», come san Paolo apostolo sottolinea in Gal 5,6 proprio sulla stessa linea di pensiero di san Giacomo apostolo (Gc 2,14-26). Tale fede genuina e matura porta naturalmente alla gioiosa condivisione della vita nel regno dei cieli con gli altri, vale a dire all’impegno “missionario” nella “predicazione messianica” del regno di Dio a tutti e in ogni tempo, come Giovanni Battista ha fatto.
3. In vista a «colui che viene», il «germoglio» di Iesse, che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco»
Malgrado la durezza del linguaggio proprio dello stile dei profeti che volevano scuotere la coscienza spiritualmente sonnolente di molti, la predicazione messianica di Giovanni Battista apre l’orizzonte ad un futuro di speranza, indicando la figura di «colui che viene», il messia di Dio che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Oltre il fuoco che è immagine del giudizio divino e purificazione, il riferimento del battesimo in Spirito Santo, vale a dire all’immersione nello Spirito divino, con la venuta di Cristo, sottolinea il compimento del sogno dei profeti in Israele per i tempi della fine, quando Dio effonderà il suo spirito su ogni creatura, secondo l’annuncio del profeta Gioele (cf. Gl 3,1-5), accentuato poi da san Pietro apostolo nella sua prima predicazione missionario nel giorno della Pentecoste (cf. At 2,17-18). Di più, come il profeta Isaia ha indicato nella prima lettura, questo Spirito di Dio riposerà prima sul «germoglio» di Iesse, l’immagine del messia che verrà, per poi espandersi su tutti. Così, come risultato, «la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare». In questo modo, l’umanità ritornerà alla pace e armonia con Dio, con il creato, e gli uni con gli altri, come descritto con la scena del paradiso ritrovato che abbiamo ascoltato (Is 11,6-9).
Per tanto, tutti i battezzati cristiani sono ricordati e richiamati oggi della vita nello Spirito che hanno ricevuto in dono da Cristo, per vivere in profondità il tempo di Avvento, in cui tutti siamo chiamati alla conversione in vista alla venuta del Signore. A proposito, vogliamo riportare un passaggio importante del Papa Francesco nel recente messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2022: «ogni discepolo missionario di Cristo è chiamato a riconoscere l’importanza fondamentale dell’agire dello Spirito, a vivere con Lui nel quotidiano e a ricevere costantemente forza e ispirazione da Lui. Anzi, proprio quando ci sentiamo stanchi, demotivati, smarriti, ricordiamoci di ricorrere allo Spirito Santo nella preghiera, la quale – voglio sottolineare ancora – ha un ruolo fondamentale nella vita missionaria, per lasciarci ristorare e fortificare da Lui, sorgente divina inesauribile di nuove energie e della gioia di condividere con gli altri la vita di Cristo».
Concludiamo quindi la nostra riflessione con la preghiera (prevista come Colletta alternativa per questa domenica nel Messale italiano):
O Padre, che hai fatto germogliare
sulla terra il Salvatore
e su di lui hai posto il tuo Spirito,
suscita in noi gli stessi sentimenti di Cristo,
affinché portiamo frutti di giustizia e di pace.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.