IV Domenica di Avvento (Anno A), «La missione di san Giuseppe, aspettando Gesù – Emmanuele “Dio con noi”»
San Malachia, Profeta; San Vinebaldo di Heidenheim, Abate
Is 7,10-14;
Sal 23;
Rm 1,1-7;
Mt 1,18-24
Ecco, viene il Signore, re della gloria
COMMENTO BIBLICO-MISSIONARIO
La missione di san Giuseppe, aspettando Gesù – Emmanuele “Dio con noi”
Come il Direttorio omiletico rileva, «con la IV Domenica di Avvento, il Natale è ormai prossimo. L’atmosfera della liturgia, dagli accorati appelli alla conversione si sposta sugli eventi che circondano da vicino la nascita di Gesù» (DO 96). Così, il Vangelo odierno ci propone di meditare sul “sogno di Giuseppe”. Questo episodio, raccontato solo dall’evangelista Matteo, viene chiamato da molti “l’annunciazione a Giuseppe”, in parallelo con quella a Maria nel Vangelo di Luca. Ciò che l’angelo ha detto a Giuseppe sarà importante anche per noi oggi, nell’ultima tappa della nostra preparazione a celebrare il Natale del nostro Signore Gesù Cristo. Ci vengono rivelati degli spunti importanti sul mistero della “generazione” e sulla missione di Gesù, e la Parola di Dio ci suggerisce, di conseguenza, i giusti atteggiamenti per accogliere il bambino divino, “colui che viene” a salvare il mondo.
Perciò, occorre necessariamente rientrare nel mistero divinamente annunciato a Giuseppe e anche a noi nella liturgia, per una degna preparazione alla celebrazione del Suo Natale! A tale scopo, il Vangelo ci aiuta grazie ad alcune affermazioni su cui vale la pena soffermarci ancora.
1. “Così fu generato Gesù Cristo” – il mistero della “generazione” di Gesù
In primo luogo, si sottolinea il carattere insondabile del mistero del concepimento di Gesù: «sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo». Si accentua così l’origine divina del nascituro, che come tale sfugge a ogni legge o verifica umana. Questa origine peculiare, anzi unica, viene riaffermata ancora, quando l’angelo del Signore, messaggero di Dio e suo inviato, comunica il messaggio di Dio stesso a Giuseppe, ma anche a ogni lettore/ascoltatore moderno: «Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo». Pertanto, questa generazione di Cristo dimostra che Egli è soprattutto il “Figlio di Dio” per natura e richiede «l’obbedienza della fede in tutte le genti», richiamando il pensiero e l’espressione di san Paolo all’inizio della lettera ai romani (seconda lettura).
Dall’altro lato, spiritualmente parlando, tale origine divina invita noi, suoi discepoli, a ricordarci della nostra partecipazione nella stessa “generazione misteriosa” da Dio in Lui, per essere anche noi “figli di Dio”. San Giovanni evangelista, infatti, afferma queste parole riferendosi ai cristiani: «A quanti però lo hanno accolto, [Gesù-Verbo di Dio] ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12-13). Questo pensiero evangelico viene sviluppato nei suoi discorsi dal beato Isacco della Stella, abate:
Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; essendo unico per natura, mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con lui. Infatti «a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Divenuto perciò figlio dell’uomo, ha fatto diventare figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione carnale, sono con lui uno solo per generazione divina. (Disc. 51; PL 194, 1862-1863. 1865). (II settimana di Avvento – Sabato - Ufficio delle letture)
Sulla stessa linea, san Paolo spiega: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5). Perciò, si sottolinea nel Catechismo: «Il Verbo si è fatto carne, perché diventassimo “partecipi della natura divina” (2Pt 1,4)» (CCC 460). In una parola, ricordiamoci che «di lui anche noi siamo stirpe»! (cf. At 17,28). Ricordare per rinnovare la nostra vita con Lui e in Lui che viene.
2. Il mistero del nome e della missione di Gesù - Emmanuele “Dio con noi”
In secondo luogo, è opportuno approfondire la rivelazione del nome del bambino e la menzione del compimento delle Scritture al riguardo. Come l’angelo annunciò a Giuseppe, sarà proprio quest’ultimo a chiamarlo Gesù, perché «egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». La spiegazione dell’angelo si basa sull’etimologia della parola stessa “Gesù” che significa letteralmente “Dio salva” o “Dio è salvezza”. Si delinea così, in maniera precisa, la missione particolarissima di Gesù, che è la stessa missione di Dio: “salvare” il popolo dai peccati. Egli incarna su di sé ed attua con la propria vita la salvezza di Dio per il suo popolo. Il nome di Gesù già indica il compimento delle promesse di Dio ad Israele nelle Scritture.
Riguardo alla nascita e al nome del bambino divino, l’evangelista Matteo afferma: «Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele”». In quest’affermazione del compimento, che è la prima di una serie di simili “formule” che san Matteo scrive nel suo vangelo per dimostrare che tutta la vita e la missione di Gesù sono un compimento continuo e fedele della Parola di Dio nelle Scritture, si nota facilmente l’avverarsi del fatto della vergine che concepisce e partorisce. Tuttavia, si nota una curiosa discordanza riguardante il nome del bambino. In effetti, dalle parole riportate di Dio “per mezzo del profeta” (cioè di Isaia, come sappiamo dalla prima lettura), viene indicato «a lui sarà dato il nome di Emmanuele». Ma come? Poco fa nel brano, l’angelo parlava di un altro nome per il bambino, precisamente di Gesù, e adesso invece si afferma che il suo nome sarà Emmanuele per il compimento delle Scritture! Che vuol dire? Il nascituro avrà un duplice nome Gesù-Emmanuele? Ma sappiamo che a Lui sarà dato il nome Gesù nel giorno della sua circoncisione (cf. Lc 2,21), e sarà successivamente chiamato solo così.
Una riflessione su questo dettaglio ci porta ad una comprensione più approfondita della missione di Gesù che si rivela già nel nome o meglio nei nomi indicati. I due nomi, in effetti, si completano a vicenda e insieme fanno intravedere la piena identità di “colui che viene”. Da un lato, egli è Gesù, che significa “Dio salva”, come Giuseppe e altri poi lo chiameranno; dall’altro, egli è anche Emmanuele, che significa “Dio con noi”, come san Matteo stesso esplicita, perché proprio nella sua persona si rende visibile la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Inoltre, da questo si comprende che nel bambino Gesù-Emmanuele che Dio darà al suo popolo, tramite la vergine-madre, Dio salverà l’umanità attraverso lo stare con essa, vale a dire non come uno che sta sopra e fuori dalla realtà umana (Dio poteva salvare gli uomini anche così nella sua onnipotenza!). Egli salverà l’umanità come uno che cammina con il popolo per portarlo alla Terra promessa definitiva, condividendone gioie e dolori, fatiche e preoccupazioni, quelle di ogni giorno del cammino. Proprio in questa prospettiva si affermerà «Il Verbo si è fatto carne, e venne ad abitare (letteralmente: a mettere la tenda) in mezzo a noi» (Gv 1,14). E Gesù stesso, il Figlio di Dio, nato da Maria Vergine, vero Dio e vero uomo, compirà fedelmente tale missione della salvezza divina per l’umanità, addirittura anche dopo la sua vita terrena, affidandola ai suoi discepoli proprio con l’affermazione rassicurante sul suo accompagnamento divino: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
3. Il dramma di Giuseppe e la sua missione
San Giuseppe è chiamato alla collaborazione particolare con il piano divino per la missione di Gesù Salvatore. Così come è capitato ai migliori, come Giovanni Battista (che abbiamo visto domenica scorsa), anche Giuseppe, uomo giusto, ha dovuto passare qualche momento di crisi a causa dell’incomprensione delle novità di Dio riguardanti la faccenda di Gesù, suo Figlio. Tuttavia, egli ha prestato l’obbedienza della fede alla parola dell’angelo, anche se, storicamente parlando, non aveva forse capito fino in fondo il mistero inaudito dell’origine del bambino nel grembo di Maria, sua “promessa sposa”: «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).
A tal riguardo, oltre all’importanza di accettare Maria come sposa, malgrado quanto accaduto, va posta enfasi sull’atto richiesto a Giuseppe di dare il nome di Gesù. Si tratta di un gesto importante, quello di riconoscere il bambino come proprio figlio legittimo nella tradizione giudaica. Offrendo in questo modo la sua paternità legale, Giuseppe, chiamato “figlio di Davide” dall’angelo, trasmetterà quindi anche a Gesù quest’appartenenza alla stirpe regale di Davide. Diventa così formalmente ed effettivamente, nella società giudaica patriarcale d’allora, una roccia su cui appoggiarsi sia per il bambino che per sua madre, in mezzo alle varie peripezie della vita umana.
Occorre ricordare che l’obbedienza della fede all’angelo di Dio e la pronta collaborazione con il piano divino per la vita e la missione di Gesù si troveranno in Giuseppe ancora in altre circostanze difficili, come sappiamo dai racconti evangelici e anche da quanto si può intuire al di fuori di ciò che è scritto. Tale fede, basata sulla Parola di Dio rivelata tramite i suoi messaggeri, e l’amore fedele incondizionato per Gesù, Figlio di Dio e per Maria sua madre, rimarranno sempre un esempio per tutti nella nostra vita e nella missione cristiana (Tant’è vero che il Venerabile Cardinale vietnamita Francesco Saverio Van Thuan chiamava san Giuseppe patrono degli ascoltatori della Parola di Dio). Che egli interceda per i discepoli-missionari di Cristo oggi e che ci aiuti a rinnovare la fede e l’amore fedele a Gesù e a sua madre, per celebrare degnamente anche quest’anno il Natale del nostro Salvatore, “Dio con noi”.
O Emmanuel, Rex et legifer noster,
expectatio gentium, et Salvator earum:
veni ad salvandum nos, Domine, Deus noster.
O Emmanuele, nostro re e legislatore,
speranza delle genti, e loro Salvatore:
vieni e salvaci, Signore, nostro Dio.