29 ottobre - Paolina, la “povera di Maria”

29 ottobre 2021

Nel 1845 e nel 1850, Mons. Emmanuel Verrolles (1805-1878), Vicario Apostolico della Manciuria, viene incoraggiato da Gregorio XVI a viaggiare in Europa per suscitare lo zelo dei cattolici per l'Opera della Propagazione della Fede. A tal fine, egli si reca nella maggior parte delle diocesi di Francia. Quando Paolina lo incontra a Parigi, fanno lunghe chiacchierate. Prima di ripartire per l'Oriente, scrive a Paolina il 17 agosto 1850, esprimendo non solo il suo interesse per l'opera di Notre-Dame-des-Anges, ma anche l'importanza dell'Opera della Propagazione della Fede, che permette ai missionari di vivere e lavorare in Asia. Esprime i suoi sentimenti di gratitudine e la volontà di aiutare Paolina nei giorni della sua angoscia, causata in gran parte dalla sua carità. La chiama "Madre delle nostre missioni", pensando alle missioni nel mondo, specialmente in Asia. Nonostante la sua "povertà", lui stesso dona 6 franchi. Paolina, chiamata qui "Madre delle Missioni", si sente confortata nella lotta per essere riconosciuta nel suo ruolo di fondatrice da parte di coloro che danno la loro vita nelle missioni.

Alla fine della sua vita, Paolina è povera, sull'orlo dell'indigenza, vittima dei truffatori, dei ricchi e dei potenti. La povertà non rimanda forse all'umiltà e alla pietà? Nel tardo giudaismo, i poveri sono il vero Israele. In Lc 6,24, Gesù grida ‘guai ai ricchi e ai sazi’, e in Mt 5,3 chiama ‘beati i poveri in spirito’, cioè i veri poveri, quelli che soffrono ma sopportano la loro povertà e la usano per aprirsi a Dio. Gesù chiede ai suoi amici, a coloro che gli appartengono, di rinunciare al possesso dei beni (Mt 8,20), per la libertà che questo dà, forse anche per la necessaria unità della comunità. Occorre però fare ogni sforzo per eliminare la povertà a livello sociale, anche se ci saranno sempre dei poveri nel mondo (Mt 26,11). La povertà liberamente assunta deve essere una forma di ascesi cristiana e, come ogni obbedienza ai consigli evangelici, un segno della fede della Chiesa nella Fine dei Tempi già inaugurata, che rimanda al fondamento stesso della speranza cristiana. È tuttavia difficile conciliare la rinuncia alla ricchezza da parte degli individui con il possesso di beni da parte delle comunità religiose. Per Paolina, è necessario riconoscere "quanto il nostro orgoglio frapponga ostacoli alle grazie di Dio".

Sulla base del Vangelo di Luca, per esempio, vediamo come il discorso nella pianura inizia con la felicità promessa ai poveri e la maledizione dei ricchi (Lc 6, 20-24 ss). Con la rottura dei legami familiari e l'accettazione della sofferenza, la rinuncia ai beni diventa parte della logica della sequela. Questa chiamata alla sequela va di pari passo con l'abbandono dei beni (Lc 5,11-28; 9, 3; 10, 4; 18, 28). “Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 33). È necessario convertirsi ed adottare una nuova etica. Non è difficile percepire in questa insistenza la preoccupazione di Luca di rivolgersi ad una cristianità ricca, o meglio, di fare appello ai ricchi tra i credenti ai quali si rivolge la sua opera. Non possiamo non aggiungere l'insistenza sulla preghiera, ulteriore tratto che distingue l'etica di Luca.

Ad ogni tappa importante del suo ministero, Gesù prega: in occasione del suo battesimo, prima di scegliere gli apostoli, prima della professione di fede di Pietro, nel momento della Trasfigurazione, dell'agonia e sulla croce. Non sono forse questi i momenti chiave che si ripetono nei temi di meditazione del Rosario Vivente? Questi temi hanno alimentato la preghiera e la meditazione di Paolina e di tutti coloro che hanno adottato il Rosario Vivente per meditare meglio i misteri della nostra salvezza, l'impegno di Maria e di suo figlio per la salvezza dell'intera umanità. Luca sottolinea la fiducia nella bontà del Padre e la necessità di pregare senza sosta (Lc 11,1-13; 18,1-14). Pregare incessantemente è una necessità per vivere il tempo della Chiesa che, secondo la concezione di Luca della storia, è chiamata a durare a lungo.

Paolina spiega: "Dovremmo essere molto piccoli, molto umili; sì, allora le nostre preghiere offerte alla Maestà divina richiamerebbero la sua pietà e frenerebbero la sua ira. A cosa possiamo attribuire allora la mancanza di successo delle nostre preghiere? Al nostro orgoglio, sì, è il nostro orgoglio che costituisce l'ostacolo agli effetti della preghiera. Il superbo fariseo non ottiene nulla, mentre l'umile pubblicano torna giustificato. Chiediamo, sorelle mie, l'umiltà, cioè chiediamo il senso della verità, del nostro nulla, dei nostri peccati e della nostra indegnità. Dio è verità, quando siamo nella verità Egli inclina il suo cuore verso di noi e la voce del povero e del debole che grida alla sua misericordia per sé e per i suoi fratelli non ritorna senza effetto. Vorrei chiedere a Nostro Signore di ispirarvi a pregare affinché entriamo in queste disposizioni; allora possiamo sperare che i vostri desideri siano accettati da Nostro Signore Gesù Cristo nel quale sono interamente vostra” (Pauline Jaricot, Le Rosaire vivant, Paris, Lethielleux, 2011, p. 203-204).

Per Papa Leone XIII, fu Paolina che "organizzò, dopo averne concepito i piani, la bella opera chiamata Propagazione della Fede, un'immensa colletta costituita dall'obolo settimanale dei fedeli, lodata dai vescovi e dalla stessa Santa Sede, che, essendosi sviluppata meravigliosamente, fornisce abbondanti risorse alle missioni cattoliche. È a lei che dobbiamo la felice iniziativa di distribuire le cinque decine del Rosario tra 15 persone. Così [...] diffuse l'invocazione alla Madre di Dio in modo sorprendente e la rese incessante. In questo modo, le Lettere Pontificie raccomandarono presto e arricchirono con molte indulgenze questa nuova forma di preghiera, che si diffuse rapidamente con una generale approvazione. Tra le iniziative di bene, dobbiamo a questa pia vergine l'iniziativa dell'opera che ha come obiettivo la rigenerazione degli operai, opera alla quale oggi le associazioni cattoliche lavorano così utilmente e con tanto zelo e alla quale Paolina Jaricot ha dedicato le ingenti risorse del suo patrimonio. Ma un infame tradimento la privò di tutte le sue ricchezze” (Allegato III, Breve di Sua Santità Leone XXIII, Roma, Chiesa di San Pietro, 3 giugno 1881, in Sr Cecilia Giacovelli, Pauline Jaricot. Biographie, op. cit., p. 331-332).

Paolina Jaricot ha saputo coniugare armoniosamente pietà e impegno sociale, abbandono totale a Dio, preghiere a Maria e a Gesù, senza dimenticare l'attenzione ai poveri, agli operai e ai piccoli. Voleva servire Dio, la Chiesa e i poveri allo stesso tempo, cercando di amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutte le sue forze e con tutta la sua mente (cf. Lc 10,27). L'amore è la via della vita eterna e, come chiedeva Gesù, Paolina ha saputo unire nella sua vita l'amore di Dio e quello del prossimo, quest'ultimo visto come chiunque avesse bisogno di aiuto. Alla fine della parabola del Buon Samaritano, Gesù dice: "Và e anche tu fà lo stesso" (Lc 10,37). Questo è ciò che Paolina ha capito e che ha cercato di vivere, dopo la sua conversione e durante il resto della sua vita.