
1° ottobre 2021 - Memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino, vergine, dottore della Chiesa, patrona delle Missioni
Dal 9 al 12 novembre 1972, in occasione del 150° anniversario della fondazione dell'Opera della Propagazione della Fede e del 50° anniversario del suo riconoscimento come Opera Pontificia, si tiene a Lione una conferenza missionaria internazionale sul tema "Le Pontificie Opere Missionarie sotto il segno della collegialità apostolica". Paolo VI si rivolge alla conferenza con un messaggio del 22 ottobre 1972, letto dal cardinale Alexandre Renard dinanzi ai 320 partecipanti. Per il Papa, le Pontificie Opere Missionarie sono proposte a tutti i cristiani come “strumenti privilegiati del Collegio episcopale unito al successore di Pietro e con lui responsabile del Popolo di Dio, esso stesso tutto missionario”.
Paolo VI presenta Paolina Maria Jaricot o Maria-Paolina Jaricot, riprendendo le sue parole, come una “vera figlia della Chiesa, così radicalmente devota alla causa delle missioni lontane e, allo stesso tempo, così preoccupata dei problemi del mondo operaio che la circondava” (cf. La Documentation catholique, 3 dicembre 1972, n°1621, p. 1056). Il Papa desidera “ardentemente che, in un'atmosfera di gioiosa fraternità, di ascolto attento, di riflessione accurata e di viva preghiera, queste assise internazionali forniscano all'azione missionaria della Chiesa quegli spunti necessari per imprimere un nuovo slancio”. Il Papa coglie l'occasione per ricordare che il seme piantato da Maria-Paolina Jaricot è diventato un grande albero. "Questa fanciulla ha saputo far fronte, già nel 1819, a un bisogno pressante della Chiesa e associarvi tutto il popolo di Dio; le sue vedute si sono rivelate perspicaci e veramente profetiche. L'Opera della Propagazione della Fede, fondata nel 1822, riconosce oggi, a giusto titolo, tutta la portata dell'intuizione, dell'iniziativa e del metodo adottato da questa laica lionese. E se, con abnegazione, ha lasciato ad altri il compito di sviluppare quest'opera, ella fu tuttavia, secondo le sue stesse parole, « il primo fiammifero per accendere il fuoco»". Ma questa osservazione non può essere sufficiente, spiega Paolo VI; “Occorre altresì discernere la fonte di tale fiamma. Sappiamo quanto il suo zelo missionario fosse alimentato da una profonda vita interiore: ella voleva essere completamente disponibile all'amore di Dio, con uno spirito d'infanzia che prefigurava quello di santa Teresa di Lisieux. E questa generosità mistica, frutto di una grazia del Salvatore, si radicava in un intero contesto provvidenziale di eventi e relazioni che la aiutarono a concretizzare tale vocazione. Questa le consentì di individuare e realizzare senza indugio gesti concreti e coraggiosi: chi non conosce l'adozione del «soldo» offerto ogni settimana per le missioni, e poi quell'ingegnosa organizzazione di donatori a decine, centinaia, migliaia? Infine, più di molti altri, ella dovette incontrare, accettare e superare nell'amore una serie di sfide, fallimenti, umiliazioni e abbandoni, che conferirono alla sua opera il marchio della croce e la sua misteriosa fecondità. I partecipanti alla conferenza di Lione potranno riconoscere, in questa offerta a Cristo, in questa condivisione della Chiesa, in questo impegno effettivo e in questa pazienza evangelica, le caratteristiche essenziali e insostituibili dell'apostolato”.
Per Paolo VI, il seme modestamente piantato da Maria-Paolina Jaricot è diventato un grande albero. Infatti, spiega il Papa, "l'Opera della Propagazione della Fede si è estesa incessantemente, con una sollecitudine cattolica, ovvero universale, nei confronti di tutte le missioni. Oggi è presente in più di settantacinque paesi nei cinque continenti. Si tratta di un aiuto reciproco spirituale e materiale alle varie dimensioni della Chiesa. Insieme alle Pontificie Opere della Santa Infanzia, di San Pietro Apostolo e dell'Unione Missionaria del Clero, collegate alla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, essa costituisce, pur senza esclusivismo, l'espressione e lo strumento privilegiato della missione inalienabile della Chiesa: « illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa» (Lumen gentium, n°1). Non abbiamo dubbi che il grande raduno di Lione ne sarà profondamente consapevole e ci uniamo di cuore al suo rendimento di grazie”.
In seguito, Papa Paolo VI propone alcune idee per affrontare la situazione globale dei problemi missionari. Cita alcune delle doglianze mosse contro le attività missionarie della Chiesa: mancanza di libertà religiosa in alcune parti del mondo; mancanza di lavoratori e di risorse; indebolimento della coscienza missionaria dello stesso popolo cristiano, aggravato dall'incertezza, se non addirittura da una critica esacerbata; accusa di proselitismo incompatibile con la libertà religiosa; accusa di disattenzione della Chiesa verso i valori socio-culturali delle giovani nazioni. Il Papa rileva anche varie altre critiche: ricorso frettoloso ed eccessivo ai sacramenti, mancanza di formazione di un laicato responsabile, assistenza paternalistica, occidentalizzazione imposta alle Chiese d'Asia e d'Africa, ecc.
Per il Papa, la missione non è né coercizione né propaganda indiscreta, ma una testimonianza attiva. Egli sottolinea che una comunità cristiana non missionaria è condannata all'asfissia spirituale. Affronta anche la questione della relazione tra culture e cristianesimo, invitando a riconoscere le aspettative contenute nelle diverse culture o religioni, non senza sottolineare l'evangelizzazione, ma anche lo sviluppo e l'assistenza tecnica, che non devono sostituire l'attività missionaria. Il Papa insiste anche sull'importanza che occorre attribuire alle giornate missionarie, perché permettono ai cristiani di guardare con occhi nuovi alle missioni, di prevedere i bisogni e di condurli a "considerare l'evangelizzazione locale e quella lontana come parte di una medesima pastorale missionaria, la cui unica fonte è Cristo". È anche un'opportunità per risvegliare vocazioni specificatamente missionarie sempre più diversificate: sacerdoti, religiosi, religiose, membri di istituti secolari, laici celibi o piccole comunità, chiamati a cooperare secondo la diversità e la complementarietà dei loro ministeri e doni spirituali (cf. 1 Co 12, 4-11).