2 ottobre - Paolina Maria Jaricot, una ragazza di Lione

02 ottobre 2021

Paolina Maria Jaricot e altri Lionesi avevano percepito l'importanza della missione universale. Si organizzarono dunque per sostenere numerosi missionari. Fin dai primi anni di quest'opera nascente, l'ambizione era chiara: sostenere tutti i missionari che avevano bisogno di aiuto. Il 3 maggio 1822, nasce a Lione l'Opera della Propagazione della Fede. L'appoggio dei cristiani francesi ed europei fu così grande che il 3 maggio 1922, Papa Pio XI dichiarò Pontificia l'opera della Propagazione della Fede (si veda il testo di Pio XI, Estensione dell’opera della Propagazione della Fede – Motu proprio “Romanorum Pontificum”, in Documentation Catholique (DC) n°158, 24 giugno 1922, col. 1534). Le altre Pontificie Opere Missionarie (POM) sono la Santa Infanzia - oggi, Infanzia Missionaria - fondata a Parigi, nel 1843, da Mons. de Forbin-Janson; l'Opera di San Pietro Apostolo creata a Caen, nel 1889, grazie a Jeanne Bigard e a sua madre Stéphanie, per sostenere la formazione del clero indigeno; e l'Unione Missionaria del Clero, fondata nel 1916 a Parma (Italia) da Padre Paolo Manna, divenuta, il 28 ottobre 1956, la Pontificia Unione Missionaria (PUM). Paolina Maria Jaricot, alla quale Paolo VI attribuì, il 22 ottobre 1972, “l’intuizione, l’iniziativa e il metodo” di questa bella opera, merita quindi un'attenzione tutta particolare. Come si impegnò nel seguire Gesù? Come riusciva a collegare le preghiere e le collette a favore delle missioni? Come radicò il suo impegno missionario in una spiritualità che seppe condividere con la sua famiglia e i suoi amici? Queste sono le principali domande alle quali la vita di Paolina Maria Jaricot fornisce risposte illuminanti. Questa giovane ragazza di Lione si è impegnata a seguire Gesù nell'evangelizzazione.

Nata a Lione il 22 luglio 1799 da una famiglia di ricchi industriali della seta, Paolina Jaricot ricevette una buona educazione cristiana. Bella e assai civettuola, cercava di piacere, come scrive lei stessa così bene. "I miei genitori davano delle feste per intrattenerci la domenica. Invitavano in campagna una grande compagnia di padri, madri, signorine e alcuni giovani uomini, che venivano con i miei fratelli o come loro amici. Lì si facevano giochi linguistici, girotondi, o si ballava... La dissipazione porta necessariamente a dimenticare la presenza di Dio, e ci si abbandonava completamente alle folli gioie del momento: si cantavano canzoni dolci e, nel corso di questi giochi, si ricevevano i baci che questi richiedevano e che naturalmente dovevano portare scompiglio nei cuori... Il desiderio di piacere, la voglia di conquistare gli altri, la civetteria e a volte la ripicca erano nascosti lì (nel mio povero cuore). Bisognava essere morti, o ammalati, per non provare almeno alcune delle impressioni suscitate da tante lusinghe, attenzioni e dolci parole provenienti dai giovani che ci circondavano” (J. Servel, Un autre visage. Textes inédits de Pauline Jaricot, Lyon, Ed. du Chalet, 1962, p. 95). Sempre più frivola, Paolina non sembrava propensa ad un grande impegno missionario. Ma grazie a suo fratello, Philéas, studente presso il seminario Saint Sulpice di Parigi, legato alle Missioni Estere di Parigi, che si preparava a partire per la Cina come missionario, Paolina viene a conoscenza della situazione critica delle missioni. In precedenza, aveva vissuto un'esperienza di conversione che le avrebbe cambiato la vita. Un incontro sincero con il Signore provoca sempre un desiderio di conversione, una gioia di migliorare la propria relazione con Lui e con i propri simili.