
23 ottobre - La famiglia, il fallimento, la croce
Paolina Maria Jaricot ha ricevuto molto dalla sua famiglia, sia in termini di istruzione che di aiuti di ogni tipo, tanto dal padre, Antoine Jaricot, quanto dalla madre, la Signora Jaricot nata Jeanne Lattier, e dai suoi fratelli e sorelle. Aveva una marcata predilezione per la sorella Sophie, di 9 anni più grande di lei e sulla quale avrebbe fatto affidamento dopo la morte della madre. È molto affezionata a Sophie. In una lettera del 18 marzo 1823, dopo il matrimonio della sorella e la sua partenza per la capitale, Paolina le scrive ricordando: "Mi sembra che il mio Sposo celeste non possa essere arrabbiato per il vuoto che la tua partenza mi ha lasciato, poiché è parlando di lui che i nostri cuori trovavano l'uno nell'altro ogni gioia. Così nei primi giorni ti cercavo come un bambino che ha perso la sua balia. Mi sembrava di vederti entrare in casa tua in ogni momento, e quando andavo a pregare a Saint-Nizier, immaginavo di pregare vicino a mia sorella. Quanta fragilità, dirai, sicuramente, e quante imperfezioni nella tua anima, mia povera Paolina! Sì, sono d'accordo, e cercherò di diventare più saggia e più sottomessa; ma i primi movimenti saranno sempre forti quando si tratta della mia cara nutrice - non oso dire ‘cara madre’, perché sai bene che non ne ho che una, che è la Beata Vergine Maria, e sai che tengo tantissimo ad avere solo lei come Madre-” (Joseph Servel, Un autre visage. op. cit., p. 15). Come spiega a sua sorella Sophie, Paolina considera centrale la relazione con il Sacro Cuore di Gesù: "Oh, non smettiamo di supplicarlo di far esplodere la sua potenza e la sua gloria sulla terra, in modo che i peccatori possano finalmente cadere ai suoi piedi e riconoscerlo per la loro salvezza, la loro felicità e la loro vita. Gli uomini sono diventati così orgogliosi che le umiliazioni della Croce, che l'Amore infinito di Gesù Cristo desta ben poca impressione nei loro cuori...” (Joseph Servel, Un autre visage, op. cit., p. 16).
C'erano segreti condivisi tra le due sorelle, angoli di intimità a cui gli altri membri della famiglia non avevano accesso, anche se più tardi Philéas (1797-1830) riuscirà ad entrare in questo spazio di confidenza, soprattutto per quanto riguardava gli impegni missionari e, in modo particolare, dopo l'ordinazione sacerdotale del 20 dicembre 1823. Sophie avrebbe sostenuto con il proprio denaro le iniziative che la carità ispirava alla sorella minore e, da parte sua, Paolina avrebbe condiviso con la sorella alcune confidenze spirituali, soprattutto quelle riguardanti l'Eucaristia e l'amore infinito di Dio. Entrambe avrebbero preso parte alla lotta che il loro comune direttore, l’abate Würtz, stava conducendo con una certa amarezza contro il risorgere del gallicanesimo e della "nuova filosofia" (Joseph Servel, Un autre visage, op. cit., p. 16). La fede di Paolina e il suo impegno attraverso varie opere, in particolare la Propagazione della Fede e il Rosario Vivente, non le eviteranno le difficoltà, i fallimenti o di incontrare, lungo il suo cammino di laica impegnata, la croce.
Paolina, erede del padre, otterrà i mezzi finanziari per riacquistare delle proprietà, in particolare a Fourvière, dove teme che la massoneria prenda piede, come lei stessa accenna nei suoi scritti (Catherine Masson, op. cit., p. 414). Per salvaguardare l'integrità della collina di Fourvière, Paolina, insieme alla sua famiglia, decide di riappropriarsi progressivamente di tutto il terreno per garantirne la vocazione religiosa. Dopo la vendita della sua fabbrica cristiana a Rustrel, Paolina si trova ad affrontare una serie di difficoltà, debiti e numerose cause legali. "Il debito totale di Paolina era valutato a circa 400.000 franchi: 116.000 franchi al suo maggior creditore, Boussairolles, erede di Mlle Deydé, circa 100.000 franchi per l'insieme degli altri creditori ipotecari, il resto diviso tra tutti i piccoli creditori, che avevano prestato denaro sia per la fiducia che avevano in Paolina sia per la reputazione dell'officina di Rustrel” (Catherine Masson, op. cit., p. 415). Paolina è così rovinata che diventerà la "mendicante di Notre-Dame-des-Anges” (Catherine Masson, op. cit., p. 375), costretta ad andare di città in città per cercare di trovare i soldi per pagare i suoi debiti. Può contare su un certo sostegno in Francia e all'estero, ma non basta. Le “vicissitudini” (Catherine Masson, op. cit., p. 424) che vive con la Commissione di Fourvière, creata il 7 marzo 1853, saranno per lei fonte di ulteriore preoccupazione, perché, secondo Mons. Lavarenne, "le circostanze l'avevano obbligata a sostenere processi contro la Commissione di Fourvière; gli uomini più rispettabili, i più sinceramente cristiani, la consideravano con una diffidenza che andava fino all'ostilità" (Georges Naïdenoff, Pauline Jaricot, op. cit., p. 86). Paolina conosce varie difficoltà che affronta negli ultimi anni della sua vita come un vero e proprio "martirio del cuore", secondo le sue stesse parole (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, Paris, Œuvre pontificale de la Propagation de la Foi, senza data, p. 32).
Eppure l’officina di Rustrel aveva suscitato in Paolina buone speranze. Per diversi mesi, gli altiforni di Notre-Dame des Anges avevano funzionato. All'inizio del 1848, c'era motivo di credere che la società potesse riprendersi e contribuire alla realizzazione degli obiettivi umanitari e cristiani di Paolina Jaricot. Ma con la rivoluzione del 1848, gli sconvolgimenti sociali, economici e finanziari diedero il colpo di grazia alla fabbrica di Rustrel. Nonostante la sua prudenza, la sua richiesta di consigli e tutte le garanzie necessarie, Paolina rimane vittima di una truffa colossale e abilmente orchestrata. Nel maggio 1852, la fabbrica viene venduta all'asta per un terzo del suo valore e Paolina rimane schiacciata sotto il peso di un debito di 400.000 franchi (si veda Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 32). Come ripagare tutti i piccoli sottoscrittori dell'opera, le sue amiche operaie, tutte le persone che si erano fidate di lei e avevano messo i loro modesti risparmi nelle sue mani? Le sue amiche operaie "saranno le prime a consolarla, a concederle delle dilazioni, e non si mostreranno tanto esigenti quanto i ricchi finanziatori" (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 32). Quando si rende conto del suo fallimento, Paolina va a chiedere consiglio a Mons. Villecourt, vescovo di La Rochelle, che l'aveva conosciuta a Lione quando lei aveva 17 anni e lui era maestro spirituale all'Hôtel-Dieu, qualche anno prima di Philéas. Le consiglia di bussare a tutte le porte da un capo all'altro della Francia in favore dell'opera degli operai, che considera un'opera utile alla Chiesa e che, di conseguenza, merita di essere sostenuta dal bilancio della carità cristiana. Il vescovo certifica in una lettera assai lusinghiera il ruolo di Paolina nella Propagazione della Fede: "la pia fondatrice che, dopo aver elaborato il piano e i fondamenti di quest'opera, ne lasciò la gloria ad altri, e volle per sé solo l'oblio, il raccoglimento e il silenzio" (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 32).
A cosa pensa Paolina mentre va di casa in casa, con lettere di raccomandazione firmate da sacerdoti e vescovi, a mendicare? Pensa alle stazioni della Via Crucis. Purtroppo, alcuni animi cattivi cercano di impedire che si realizzino le buone idee che Paolina potrebbe proporre per recuperare il denaro perduto, mentre altri le oppongono un gelido rifiuto. Nonostante tutto, Paolina raccoglie abbondanti elemosine in Francia, ma anche grazie alla sua fedele amica, Mlle Maurin, recatasi all'estero per chiedere aiuto. Paolina riceve donazioni dalla Germania, dall'Austria, dal Belgio e dall'Inghilterra, dove il grande Newman accoglie con estrema simpatia le idee generose rappresentate dall'opera di Notre-Dame-des-Anges. Tuttavia le donazioni non bastano a liberare Paolina dalle sue opprimenti preoccupazioni. Non riesce a ripagare i suoi creditori, soprattutto i più piccoli, "i suoi amati piccoli creditori" (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 33). Paolina teme i debiti più della morte; consegna quello che riceve e finisce per ridursi alla più completa povertà che la sua fedele Maria Dubouis accetta di condividere con lei. "Il 26 febbraio 1853, si registra come indigente presso l'ufficio di carità del rione Saint-Just” (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 33). Nell'ultimo periodo della sua vita, Paolina sarà confrontata con la sofferenza, ma resterà fedele alla preghiera e a una certa rassegnazione. Prega la Madre dei Dolori, abbandonandosi alla volontà di Dio e pregando per i suoi avversari: "Ottieni dal mio cuore un perdono pieno e generoso per coloro che mi hanno offesa, ferita, dilaniata e che mi affliggono e mi affliggeranno ancora. Se le mie pene hanno qualche merito, voglio che i miei nemici siano i primi a raccoglierne i frutti per la loro salvezza e anche per la loro felicità temporale" (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 34). Aveva ragione il Curato d'Ars quando disse in una predica: "Conosco qualcuno che ha molte croci e molto pesanti, e che le porta con grande amore... È la Signorina Jaricot” (Yvonne Pirat, Pauline Jaricot, op. cit., p. 34).
Paolina vede andare in fumo un'opera che amava tanto e cade in estrema povertà, "questo disastro raccoglie sul suo capo le spine pungenti e crudeli causate da creditori, tribunali, viaggi a piedi, rudi rifiuti, tradimenti, calunnie, desolazione; in una parola, tutto ciò che è in grado di far crollare il più coraggioso dei cuori. Dio ha permesso questo, sicuramente, perché lei che aveva vissuto per Lui e per la salvezza dei suoi fratelli seguisse, alla fine della sua vita, Gesù Cristo che moriva per il popolo che lo condannava, e perché, per la sua fede, la sua fiducia, la sua fortezza, la sua dolcezza e la sua serena accettazione di tutte le croci, si dimostrò una vera discepola” (Allegato III, Breve di Sua Santità Leone XXIII, Roma, Chiesa di San Pietro, 3 giugno 1881, in Sr Cecilia Giacovelli, Pauline Jaricot. Biographie, op. cit., p. 332).
Paolina ha lasciato "una sorta di testamento autografo, scritto all'ombra del tabernacolo, di cui seguono alcuni estratti: La mia speranza è in Gesù! Il mio unico tesoro è la croce! La parte che mi è toccata è eccellente, e la mia eredità mi è molto preziosa! […] Benedirò il Signore in ogni momento e lo loderò continuamente. Che si compia in ogni cosa la rettissima, altissima e santissima volontà di Dio! [...] Che cosa mi importa dunque, o onnipotente e amabile volontà del Salvatore, che tu mi tolga i beni terreni, la mia reputazione, il mio onore, la mia salute, la mia vita, che tu mi faccia precipitare attraverso l'umiliazione nel pozzo più profondo dell'abisso! Cosa mi importa [...] se in questo abisso posso trovare il fuoco nascosto del tuo amore celeste [...] Oh, come sarò felice se potrò dire, anche morendo per te e per i miei fratelli: questo è ciò per cui sono nata e il mio compito è assolto! Gesù, prete e vittima! Ostia viva! Sacrificio e sacrificatore, unisco il sacrificio della mia vita al sacrificio della croce, l'effusione del mio sangue all'effusione del tuo” (Catherine Masson, Pauline Jaricot, 1799-1862. Biographie, Paris, Cerf, 2019, p. 467-468 ; si veda anche Georges Naïdenoff, Pauline Jaricot. « J’étais si vivante de ma propre vie », Paris, Médiaspaul, 1986, p. 87-88.)